La riforma delle pensioni del governo Meloni: brutte notizie per i lavoratori, riemerge il ritorno della Fornero. Dopo l’ultimo incontro, cresce l’insoddisfazione dei sindacati e si amplifica la preoccupazione per un possibile ritorno della Fornero. Si allunga lo scontro tra le parti sociali e il governo italiano.

Il governo Meloni ha deluso le aspettative, mancando di presentare proposta realizzabile per la riforma pensioni. Questo scenario potrebbe significare un imminente ritorno della legge Fornero. Analizziamo insieme le prospettive previdenziali future e i possibili impatti sui lavoratori.

Riforma pensioni: ritorna la Fornero?

La situazione pensionistica italiana è mutata e per molti versi peggiorata. A qualcuno potrebbe venire in mente che è arrivata la “goccia che fa traboccare il vaso” con il possibile ritorno della Fornero. La situazione è ormai insostenibile, soprattutto con il probabile ritorno della riforma del 2011.

 Il governo italiano non può permettersi di sbilanciare i conti. Proprio per questo motivo, mancano le risorse per finanziare per l’avvio di nuovi progetti previdenziali.

Come è noto, la legge Fornero è operativa a tutti gli effetti di legge. È importante ricordare che l’attuale sistema pensionistico italiano è tutt’ora regolamentato dalla riforma “lacrime e sangue”.

Il che vuol significare che i lavoratori possono anticipare la loro uscita solo attraverso le misure istituite annualmente dalla legge di Bilancio, come ad esempio l’introduzione della misura Quota 103 o la conferma dell’anticipo pensionistico Ape sociale.

E così, per assurdo, sono state introdotte le modifiche per la pensione donna. Una stretta inaspettata sulla misura Opzione donna ha ridotto drasticamente l’accesso alla pensione per un numero ristretto di beneficiarie.

Eppure la questione delle lavoratrici italiane è passata in sordina, non essendo stata neanche menzionata nella fase del dibattito.

Poi c’è il capitolo tanto caro alla Lega, ovvero l’introduzione della misura Quota 41 per tutti.

Gran parte degli esponenti sociali sono rimasti estremamente delusi dal dibattito con il governo italiano, escluso la Cisl, che sembra aver visto una reale volontà da parte del governo di ridurre la rigidità delle regole imposte dalla legge Fornero.

Tuttavia, per conoscere le vere novità, sarà necessario attendere la Manovra 2024.  

La riforma delle pensioni del governo Meloni

Eppure non è finita, le proposte per rilanciare il sistema pensionistico italiano non si fermano. Come spiega Money.it, il governo sta considerando un’alternativa alla pensione donna, che prenderebbe la forma di uno scivolo pensionistico simile a quello già utilizzato per l’Ape sociale.

Questa misura permetterebbe alle lavoratrici di ritirarsi dal lavoro dopo 60 anni di età, senza ricevere la pensione, ma con un’indennità a carico dello Stato italiano.

Tuttavia, anche in questo caso, il governo italiano dovrà verificare attentamente la disponibilità delle risorse finanziarie prima di poter definire concretamente uno scivolo garantito dallo Stato per le donne.

Finora è circolata anche la notizia di una proroga della misura Quota 103, che potrebbe essere effettivamente denominata “Quota 103 bis”. Questa misura permetterebbe di accedere alla pensione a 62 anni di età con almeno 41 anni di contributi.

Tuttavia, stando ai dati, la misura non ha raccolto un parere favorevole tra i lavoratori, tanto che sono state presentate solamente 17 mila richieste di pensionamento, in netto contrasto con la previsione di 41.000 pensionati.

Una situazione che pone in rilievo il contrasto significativo tra le aspettative dei lavoratori e la reale adesione alla misura Quota 103. Pertanto, sarà necessario che il governo italiano valuti attentamente l’efficacia di questa proposta previdenziale.

L’opzione preferita o quantomeno la più ambita è sicuramente Quota 41 per tutti. Anche in questo caso, è importante formulare alcune considerazioni.

Per adottare questa strada, il governo italiano dovrebbe introdurre una serie di penalizzazioni, come ad esempio un ricalcolo dell’assegno pensionistico basato integralmente sul sistema contributivo.

Una seconda opzione potrebbe essere l’introduzione di un unico scivolo di 7 anni per l’accesso alla pensione, che sostituirebbe il contratto di espansione e l’isopensione.