Dall’omicidio di Nicola Bonetti, il 22enne di Ferrara ucciso a colpi di pistola mentre si trovava nella pineta di Lido della Spina, sono passati 43 anni. Eppure giustizia non è ancora stata fatta. Le indagini, seppur numerose, non hanno infatti mai portato a un colpevole, né a un movente che potesse almeno in parte spiegare la tregedia. Una possibilità di inchiodare il killer, riaprendo il caso, comunque, ancora c’è, ma sarebbero necessarie nuove prove. A spiegarlo, intervistato dal Corriere della Sera, è il sindaco di Comacchio, Pierluigi Negri.
Omicidio di Nicola Bonetti a Ferrara: un giallo lungo 43 anni
Qui una assurda mano assassina ha stroncato la vita di Nicola Bonetti.
Recita così una targa nascosta nel cuore della pineta di Lido della Spina, a Ferrara, dove il 28 giugno 1980 Nicola Bonetti, uno studente di medicina di 22 anni, morì in circostanze misteriose dopo essere stato raggiunto da alcuni colpi d’arma da fuoco mentre era in compagnia dell’allora fidanzata. Si erano appartati tra le dune comacchiesi a bordo della Citroen Dyane del ragazzo quando, verso le 23, qualcuno, con il volto coperto, li avvicinò, sparando loro con una pistola.
Nicola fu ferito alla spalla sinistra. Mentre era agonizzante, la fidanzata riuscì ad allontanarsi e a chiedere aiuto a tre uomini che passeggiavano sulla spiaggia. Quando i soccorsi furono avvertiti e riuscirono ad arrivare sul posto, le sue condizioni erano talmente critiche che sarebbe morto nel tragitto verso l’ospedale. La prima ad essere ascoltata dagli inquirenti fu la compagna, che raccontò di un tentativo di rapina finito male. Stando al suo racconto, un uomo avrebbe intimato loro di aprire la portiera, per derubarli; poi, prima che potessero reagire, avrebbe sparato.
Con una Walter Ppk, come sarebbe stato accertato nel corso delle indagini. Nel registro degli indagati fu iscritto un commerciante di Ferrara che possedeva un’arma compatibile con quella usata per l’omicidio; più tardi, anche la stessa fidanzata di Nicola e i tre uomini intervenuti sulla scena del crimine dopo i fatti furono indagati, con accuse a vario titolo. Si ipotizzò che qualcuno che la vittima conosceva bene potesse aver orchestrato il delitto con premeditazione. Eppure non si è mai arrivati a dare un volto al colpevole. E tutti i convolti, in un modo o nell’altro, sono stati assolti.
La possibilità di riaprire il caso
Nonostante siano passati 43 anni, un modo per incastrare l’assassino di Bonetti ancora ci sarebbe. E servirebbe a dare un po’ di pace alla famiglia della vittima, che nel 1991 ha dovuto assistere all’archiviazione del caso.
Non ho seguito le vicende giudiziarie, ma penso che per far riaprire il caso occorra fornire nuove prove – ha dichiarato il sindaco di Comacchio, Pierluigi Bruni, al Corriere -. Recentemente è stato riaperto il caso del carabiniere Pierpaolo Minguzzi e si è arrivati a processo. Lo stesso è successo col caso di Denis Bergamini, che è stato riaperto più volte e che solo recentemente è arrivato in aula.
Finché non saranno fatti dei passi in avanti in questo senso, purtroppo quello di Nicola Bonetti resterà un cold case, un caso irrisolto.
Ce ne sono diversi nella nostra provincia – ha proseguito il primo cittadino -. Penso al caso di Willy Branchi a Goro o a quello di Viviana Manservisi a Cento. La morte di Bonetti resta inspiegabilmente un mistero, dal momento che, per modalità, assomiglia molto a un’esecuzione. In passato gli appelli dei famigliari hanno tentato di smuovere chi aveva notizie a parlare.
Finora senza successo.