Emergono nuovi, inquietanti dettagli sul caso della piccola Diana, la bimba di appena 18 mesi morta di stenti lo scorso anno: secondo i testimoni, la madre, Alessia Pifferi, era solita abbandonare la piccola in casa mentre usciva, raccontando a tutti coloro con cui si interfacciava delle menzogne. Mentre si trovava a Bergamo con il nuovo compagno, prima della scoperta del cadavere della bambina, avrebbe telefonato alla madre, dicendole che Diana la faceva “tribolare” a causa dei dolori ai denti (quando, in realtà, era sola in casa). Secondo il capo della squadra mobile di Milano, Marco Calì, che ha seguito la vicenda dall’esordio, la donna, finita a processo con l’accusa di di omicidio volontario pluriaggravato, si sarebbe occupata solo superficialmente della piccola, vissuta come un ostacolo alle sue relazioni.

Processo ad Alessia Pifferi, i dettagli emersi dalle nuove testimonianze in aula

Tra i testimoni ascoltati nel corso dell’ultima udienza del processo a carico di Alessia Pifferi, è comparsa anche la madre, Marina Alessandri, costituitasi parte civile insieme alla figlia, la sorella di Alessia, Viviana. In aula, davanti agli inquirenti, la donna ha ripercorso gli ultimi contatti avuti con la 37enne prima della scoperta del cadavere della piccola Diana, morta di stenti dopo essere stata abbandonata in casa, da sola, per sei giorni.

Il 20 luglio le ho mandato il buongiorno e lei non mi ha risposto. Quando le ho chiesto se andasse tutto bene, mi ha detto: ‘Sì, stiamo rientrando. La bambina ieri mi ha fatto tribolare per i dentini’.

Alessia le aveva raccontato di essere andata al mare con Diana.

È partita di giovedì. Dopo tre giorni le ho telefonato una sera alle 18. Le ho chiesto di fare una videochiamata e mi ha detto che la bambina stava dormendo.

La nipotina, invece, era a casa, da sola. Stando a quanto emerso dalle indagini, Alessia Pifferi l’avrebbe lasciata su un lettino da campeggio, in camera da letto, con un solo biberon di latte. Non prima di averle somministrato dei tranquillanti, con l’obiettivo di non farla piangere mentre era via. Al compagno aveva riferito di averla lasciata in compagnia della nonna. Secondo il capo della squadra mobile di Milano, Marco Calì, la donna, in effetti, era solita raccontare menzogne sulla bimba a tutte le persone con cui si interfacciava.

Cene in limousine mentre la piccola Diana era sola in casa

Più volte Pifferi avrebbe abbandonato la bimba in casa per uscire.

Nelle settimane precedenti, aveva lasciato l’abitazione dal 2 al 4 luglio, dal 7 all’8 luglio e dall’8 all’11 luglio, sempre senza la piccola Diana,

ha riferito Calì. La sera del 7 luglio, appena una settimana prima di lasciare la figlia in casa per sei giorni e recarsi a Bergamo dal nuovo compagno, avrebbe noleggiato una limousine al costo di 536 euro per recarsi a cena, raccontando a un’amica che in quei giorni, a Leffe, si sarebbe tenuto il battesimo di sua figlia. In realtà era lì per motivi sentimentali.

La mattina dopo, alle 8.30, Pifferi contatta un servizio taxi per tornare a Milano, dove rimane fino alle 18.10, poi riparte per andare di nuovo a Leffe. Alle 14 doveva esserci il battesimo della piccola presso una chiesa di Leffe, ma non c’è mai stato, perché il suo cellulare a quell’ora agganciava una cella a Milano. La festa, in realtà, non era rivolta alla bambina, ma era per una cena romantica con il compagno,

ha proseguito Calì. La donna, insomma, si sarebbe occupata solo superficialmente della bambina. Secondo la difesa, è un segnale del fatto che – essendo affetta da un grave ritardo mentale – non era in grado di prendersene cura da sola e i suoi famigliari avrebbero dovuto sostenerla.