Partita Iva, cosa succede nel caso di uscita dal regime forfettario per aver superato i limiti previsti di reddito e di ricavi, e il rientro l’anno successivo ai fini dell’applicazione del 5% di flat tax stabilita per i primi cinque anni dall’apertura dell’attività? Il caso riguarda numerose partite Iva che superano i requisiti per il mantenimento del regime agevolato del forfettario che consente di applicare il 5 per cento di imposta nei primi cinque anni di apertura dell’attività, salvo poi passare al 15 per cento per sempre trascorso il periodo iniziale.

Non è infrequente il superamento dei limiti di retribuzione e di compensi che fanno perdere questo regime agevolato. Per il 2023, il tetto dei redditi è stato incrementato da 65.000 a 85.000 euro, prevedendo un ulteriore limite di 100.000 euro. Superando quest’ultimo tetto, si perde il diritto alla flat tax del 15% fin da subito, senza dover attendere l’anno successivo.

Partita Iva, uscita e rientro nel regime forfettario: si può applicare la flat tax del 5%?

Chi ha partita Iva a regime forfettario deve, pertanto, prestare attenzione ai propri compensi e ricavi per mantenere il meccanismo agevolato che consente di abbattere gli adempimento burocratici e di pagare una quota fissa di imposte e tasse. Per i primi cinque anni dall’apertura della partita Iva si paga il 5% di imposte; per i successivi anni l’aliquota sale al 15% che, comunque, rimane una percentuale vantaggiosa rispetto alle attuali aliquote Irpef. La soglia relativa all’anno 2023 per il mantenimento della partita Iva forfettaria è pari a 85.000 euro di ricavi e compensi. Superata questa soglia (che, fino al 31 dicembre 2022, era fissata a 65.000 euro), il contribuente deve passare, dall’anno successivo, alla partita Iva a regime ordinario, con tutte le conseguenze che ne derivano, sia in termini di adempimenti burocratici che di imposte da pagare.

Il caso che può descriversi è quello di un lavoratore autonomo che abbia aperto la partita Iva nel 2020 per fruire della flat tax al 5% nel 2021, anno nel quale, tuttavia, lo stesso abbia superato la quota limite di 65.000 euro di compensi e ricavi. Pertanto, nel 2022 il lavoratore è obbligato a cambiare regime e a scegliere quello ordinario di partita Iva. Non superando la soglia dei ricavi di 65.000 euro nel 2022 (85.000 nel 2023), il contribuente può ripassare al regime forfettario continuando ad applicare il 5% di imposta fino al quinto anno di esercizio dall’apertura della partita Iva?

Quale conviene e come passare alla flat tax?

Per rispondere a questa domande è necessario fare alcune considerazioni. La prima è che il lavoratore, secondo quanto prevede l’articolo 1 della legge 190 del 2014 (legge di Stabilità del 2015), non abbia esercitato, nei 3 anni precedenti all’apertura della partita Iva, la medesima attività in forma associata o familiare. La seconda condizione riguarda il fatto che l’attività prevista dalla partita Iva non rappresenti una mera prosecuzione di un’attività svolta in precedenza, sia da lavoratore dipendente che da autonomo. La terza situazione da osservare è quella dei limiti di ricavi e di redditi che non dovranno eccedere gli 85.000 euro secondo quanto prevede la legge di Bilancio 2023 (comma 54, dell’articolo 1, della legge 197 del 2022).

Verificandosi tutte queste condizioni, è plausibile accettare il fatto che il lavoratore con partita Iva ex forfettaria, passato al regime ordinario per aver superato i limiti reddituali della flat tax, possa – dopo un anno di permanenza nel nuovo regime e non superando i limiti della flat tax – rientrare nel regime forfettario, continuando – peraltro – a beneficiare dello sconto sulle imposte da pagare al 5 per cento per i primi cinque anni. Solo superando questo numero di anni, il contribuente proseguirà il pagamento delle imposte al 15%, percentuale sulla quale attualmente si sta discutendo in tema di riforma fiscale per il 2024.