Al Tribunale di Roma è andata in scena una nuova udienza del processo per diffamazione contro Roberto Saviano da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Raggiunto dai cronisti all’esterno del palazzo di giustizia, lo scrittore ha confermato che chiamerebbe anche oggi “bastarda” la premier.

Saviano e il processo per diffamazione da parte di Giorgia Meloni: “Esprimevo il disprezzo verso chi usa certe espressioni verso chi muore in mare”

La giornata di oggi, 27 giugno, ha visto una nuova udienza del processo per diffamazione contro Roberto Saviano da parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, inaugurato lo scorso novembre.

A sostenere lo scrittore erano presenti la scrittrice Michela Murgia e la compagna di Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, Paola Belloni.

Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati nell’aula del Tribunale di Roma il giornalista Corrado Formigli, conduttore della trasmissione televisiva Piazzapulita, e il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury.

Raggiunto dai cronisti all’esterno del palazzo di giustizia, Saviano ha subito confermato che chiamerebbe nuovamente “bastarda” la presidente del Consiglio, spiegando il motivo delle sue parole.

“Non potevo usare un’altra espressione. La mia è stata una valutazione molto precisa, che chiama in causa il disprezzo verso persone che dinanzi alla morte in mare usavano quei termini, chiedendo di affondare le ambulanze del mare – le navi delle ong – che parlavano di persone che venivano in Italia in crociera. Di fronte a immagini come quelle che riguardano gli sbarchi e i naufragi dei migranti, dico a chi usa questi toni e queste parole: ‘Bastardi, come avete potuto?!’

Saviano definisce la sua dichiarazione “emotiva ma anche razionale”. Lo scrittore non voleva, infatti, contenere il trasporto passionale del suo giudizio verso persone – Giorgia Meloni e Matteo Salvini, altro destinatario della sua espressione – che hanno utilizzato una spregiudicata strategia di calcolo politico nei confronti di persone che vanno a morire. Strategia che, denuncia Saviano, ha prodotto l’Italia intollerante e spaventata di oggi.

“Attaccare chi salva vite, delegittimare chi arriva, descrivendole come criminali e stupratori, ha generato la situazione attuale del nostro paese, caratterizzata da perenne paura, in cui le minoranze e l’altro sono sistematicamente visti come una minaccia“.

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“Il bersagliamento degli intellettuali non esiste in una democrazia compiuta”

Saviano si rammarica dell’assenza all’udienza della presidente del Consiglio, “un atteggiamento che considero molto fragile”.

A chi gli chiede quale sia il suo stato d’animo sulla vicenda, Saviano replica sottolineando l’assurdità, purtroppo tipica del nostro paese, di tutta la situazione che lo vede “bersaglio” di un disegno politico ben preciso da parte di quella che definisce “estrema destra”.

“Il bersagliamento continuo non esiste in una democrazia compiuta, basta vedere in Francia, in Germania, in Scandinavia, in Portogallo. La polemica e la critica sono una cosa, ma il bersagliamento continuo non c’è. Lo fanno per un motivo preciso: l’estrema destra ha bisogno di individuare i nemici. Li trovano negli intellettuali perché sono la sintesi di ciò che loro disprezzano: il pensiero, la riflessione, l’inchiesta, la denuncia”.

Lo scrittore chiude, poi, con una considerazione sull’inchiesta del programma della Rai, Report, che vede coinvolta la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Un’inchiesta che lo scrittore giudica “ben fatta” ma che bisognerà vedere dove porta, chiamando in causa la possibilità di rispondere dei fatti davanti ai giudici.

Sulla possibilità che la Santanchè si dimetta, Saviano dice che “dipende dalla sensibilità della persona”, aggiungendo che “le destre non sono abituate a questo tipo di correttezza”, sottolineando, però, che “i processi si fanno in tribunale e non fuori dai tribunali”.

Riccardo Noury (Amnesty International), testimone nel processo tra Meloni e Saviano: “Ricostruito il clima d’odio delle campagne elettorali del 2018 e del 2022”

Nell’udienza di oggi è stato ascoltato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.

Come chiarito da Saviano, Noury è stato chiamato a testimoniare per ricostruire il contesto in cui lo scrittore pronunciò quelle parole, segnato dal clima d’odio creato dalla comunicazione dei partiti di destra nei confronti dei migranti.

All’esterno del Tribunale di Roma, Noury ha parlato della sua testimonianza, citando il ‘Barometro dell’odio’ sviluppato da Amnesty International per monitorare il “discorso d’odio” utilizzato dai candidati nelle elezioni politiche italiane.

“Abbiamo ricostruito il clima utilizzato in quegli anni. Un linguaggio che istigava all’odio nei confronti di migranti e minoranze. Immagino che l’intento della difesa sia di dimostrare che, da un lato, c’è un’accusa di diffamazione legata a un moto emotivo, mentre dall’altra parte c’è un discorso d’odio, dettato dalla strategia di convincere l’elettorato, che si è verificato nelle campagne elettorali del 2018 e del 2022″.

Noury sottolinea come un totale di “797 post su Facebook e su Twitter” siano stati individuati dal dossier come discorso d’odio da parte di esponenti e leader della Lega e di Fratelli d’Italia.

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