Il discorso pronunciato ieri dalla premier Meloni, in occasione della Giornata internazionale contro l’abuso di droga e il traffico illecito, ha riacceso – almeno momentaneamente – i riflettori su un problema che, pur non avendo carattere di eccezionalità, appare come una vera e propria emergenza. Oltre al tema della lotta alla traffico illecito ve ne è però un altro, spesso sottovalutato: quello dell’assistenza a chi soffre di una dipendenza.
Proprio per questo oggi la Fondazione Villa Maraini, che dal 1976 accoglie e cura le persone con problemi di dipendenza patologica, è scesa in piazza in Campidoglio. Obiettivo della manifestazione è chiedere al comune di Roma il ripristino dei finanziamenti, fermi al 2015, necessari per poter curare le persone che ogni giorno si rivolgono alla struttura.
Barra (Villa Maraini): “Ho apprezzato il discorso di Meloni, ma ora si parli di liberalizzazione delle cure”
La lotta al consumo e al traffico illecito di droga è, per il governo di Giorgia Meloni, una priorità. Questo, almeno, quanto dichiarato ieri dalla premier in occasione di un convegno dedicato proprio alla lotta agli stupefacenti. Il discorso molto duro della premier Meloni – diventato peraltro virale per via dello scontro con il segretario di +Europa Magi – ha così riportato l’attenzione su un problema definito dalla stessa come «fuori controllo». L’intenzione della presidente del Consiglio, infatti, è di voltare pagina rispetto a una politica «indifferente, lassista e disinteressata» che abbandona i giovani «ma consente loro di fumare una canna».
La direzione politica tracciata dalla premier è chiara: no ad alcuna forma di liberalizzazione, no ad alcuna forma di tolleranza rispetto al consumo di droghe. Il tema, però, non riguarda solo questi due aspetti. Per comprendere a cosa si fa riferimento, basti guardare all’esperienza della Fondazione Villa Maraini, la comunità terapeutica che dal 1976 accoglie, cura e assiste le persone con dipendenze patologiche. Proprio lo staff e i volontari di villa Maraini, peraltro, hanno scelto oggi di protestare sotto al Campidoglio per chiedere al Comune di Roma il ripristino dei finanziamenti alla struttura, interrotti ormai otto anni fa.
Di questa protesta e del tema della lotta alla droga la redazione di TAG24 ha parlato con il dott. Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini, in questa intervista esclusiva.
Dott. Barra, per quale motivo la Fondazione ha oggi manifestato in Campidoglio?
“Abbiamo manifestato perché noi siamo sotto finanziati per quello che facciamo. Soprattutto, il comune di Roma ha smesso di finanziarci da anni. La nostra rivendicazione è essere trattati allo stesso modo del canile municipale che ottiene ogni anno un budget dal Comune. Noi no. In altre parole, l’amministrazione preferisce i cani ai tossicomani”.
Villa Maraini ha una storia lunghissima ed è una realtà di eccellenza. Perché allora i finanziamenti sono stati bloccati?
“Perché noi non siamo espressione di nessun partito, dunque non esistiamo. La politica concepisce i finanziamenti per la lotta alla droga come un metodo per finanziare gli amici, compagni di partito e amici degli amici. Siccome noi siamo indipendenti, non rientriamo nelle priorità di nessuno”.
Avete ottenuto risposte dal sindaco Gualtieri?
“Il sindaco Gualtieri ha avuto la faccia di venire a chiedere ai voti da noi in campagna elettorale, poi è sparito”.
Il Presidente della regione Lazio Rocca, che ha una lunga storia all’interno della Croce Rossa internazionale, non è più attento ai destini della vostra Fondazione?
“Al momento non ce ne siamo accorti”.
Ha sentito il discorso tenuto ieri dalla Presidente Meloni a Montecitorio sulla lotta alla droga? È d’accordo con quanto detto dalla premier?
“Mi ha fatto piacere sentire che Presidente del Consiglio prende sul serio la lotta alla droga. Io sostengo da sempre che la droga è uno dei più gravi problemi dell’umanità. Anche la pace è ostacolata dal consumo di droga. Tutto quello che riguarda questo fenomeno, però, andrebbe preso un po’ più seriamente. Basta con le maniere paternalistiche e gli slogan «Just say no» oppure «War on drugs».
L’umanità si è trastullata su questo argomento, considerandolo di nicchia, mentre la droga è alla base di tutto ciò che di turpe avviene a livello mondiale. L’ultima dimostrazione? Il tesoretto che è stato sequestrato ai rivoltosi della Wagner: soldi, lingotti e 5 kg di una polvere bianca che ho difficoltà a pensare fosse farina”.
Nel suo discorso la Presidente Meloni ha affermato che non vi è distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Lei concorda con questa affermazione?
“Trovo stucchevole il fatto che l’Italia non vada avanti nella lotta alla droga perché c’è chi è da una parte e chi dall’altra, senza possibilità di discussione. Francamente non mi appassiona questo tipo di dibattito, mi piacerebbe di più che litigassero su come e quanto curare le persone che hanno problemi di dipendenza”.
Lei ha sempre parlato della necessità di liberalizzare le terapie, più che le droghe. Ci può spiegare cosa intende?
“Io ho conosciuto 50.000 tossicomani in vita mia, cosa che nessun altro ha fatto. Voglio essere libero di curare le persone in conoscenza e in coscienza e non secondo i diktat ignoranti delle Asl. Oggi invece non è così, con questi burocrati che hanno gli orari prefissati. Gli unici che non hanno orari prefissati siamo noi che siamo sempre aperti h24. Le Asl pretendono invece di curare solamente quelli che vengono da una certa zona, gli altri li rifiutano. Ecco il paradosso: i giovani si vogliono far curare, ma le autorità non rispondono”.
I numeri dei consumatori di droga in Italia sono stabili oppure siamo in una nuova fase di emergenza?
“A Villa Maraini ne arrivano tanti, sempre di più. Noi non abbiamo il coraggio di dire no e accogliamo tutti, ma è sempre più gente. In questo momento direi che c’è un aumento del trend. Però il nostro budget allo stesso tempo non aumenta, e quindi accogliere comporta sempre più difficoltà”.
Ci sono in circolazione nuove droghe, magari a costi sempre più bassi?
C’è di tutto. Il tipo di droga è importante, ma è ancora più importante il cervello. A parità di sostanza, non necessariamente la risposta è univoca in due persone, perché ogni persona è diversa dall’altra. Ognuno ha un cervello più o meno disponibile o più o meno refrattario a farsi modificare. E poi c’è il contesto, che è importante. Sostanza, cervello e contesto variano tutti i giorni”.
Lei chiede giustamente un’attenzione da parte della politica che deve superare i vecchi schemi con cui affronta il problema. In Italia c’è ancora la mentalità per cui chi si droga se l’è cercata?
“Non c’è dubbio, c’è ancora molto stigma che porta a discriminazione. Noi oggi abbiamo radunato tanti tossicomani che chiedono di essere curati. Penso questo sia un titolo di merito”.