Negli ultimi anni il Trattamento di Fine Servizio (Tfs) ha suscitato numerosi dibattiti a causa del suo ritardo e dilazione di pagamento, soprattutto per i lavoratori del settore pubblico. Questa problematica, esistente dal 2013, è stata recentemente risolta attraverso una sentenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto tale pratica incostituzionale. Si tratta di una sentenza particolarmente significativa e a suo modo storica, che potrebbe creare un buco enorme nelle case dell’Inps, ma anche rivoluzionare le tempistiche della liquidazione del Tfs per i dipendenti pubblici e scatenare una pioggia di ricorsi da parte dei pensionati.

Liquidazione Tfs in ritardo: una storia che dura da 10 anni

Nel 2013, durante il mandato del primo ministro Enrico Letta, il Parlamento italiano approvò una norma contenuta nella Legge di bilancio 2014 che prorogava i tempi di pagamento del Tfs per i dipendenti pubblici. Questa decisione ha generato una lunga querelle, portando alla luce le insoddisfazioni di oltre 1,6 milioni di lavoratori pubblici, i quali hanno visto il loro diritto alla liquidazione del Tfs/Tfr compromesso. Nonostante queste preoccupazioni, la situazione è rimasta invariata per quasi un decennio.

La sentenza della Corte Costituzionale

Nel 2023, la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza numero 130, che dichiara il pagamento differito del Tfs come incostituzionale. Secondo la Corte, tale pratica contrasta con il principio costituzionale di giusta retribuzione, che non si limita alla congruità dell’ammontare corrisposto, ma implica anche la tempestività del pagamento.

La Corte ha sottolineato che la discrezionalità del legislatore non è illimitata nel tempo e non può tollerare una prolungata inerzia legislativa, soprattutto considerando che nel 2019 la stessa Corte aveva già segnalato la problematicità della normativa con la sentenza n. 159. Inoltre, la Corte ha evidenziato che le norme che permettono il pagamento rateale delle indennità di fine servizio finiscono per aggravare la situazione, soprattutto quando queste sono connesse a esigenze contingenti di consolidamento dei conti pubblici.

Liquidazione Tfs in ritardo incostituzionale: le conseguenze della sentenza

La decisione della Corte Costituzionale ha un significativo impatto sul bilancio dell’Inps, che potrebbe riscontrare un deficit di 14 miliardi di euro nel 2023 e ulteriori oneri negli anni a venire. A seguito di questa sentenza, il Governo sarà chiamato ad individuare nuove modalità per gestire la liquidazione del Tfs, rispettando il principio di giusta retribuzione e cercando al contempo di mitigare l’impatto finanziario.

Tfs e Tfr: la disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati

La sentenza evidenzia anche l’esistente disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati in termini di liquidazione. Mentre i lavoratori del settore privato ricevono il loro Tfr entro pochi mesi dal termine del rapporto di lavoro, quelli del settore pubblico sono stati costretti ad attendere per un tempo considerevolmente maggiore a causa di questa legislazione.

Questo scenario di disuguaglianza ha contribuito all’insoddisfazione dei lavoratori del settore pubblico, alimentando un senso di ingiustizia. La recente sentenza della Corte Costituzionale rappresenta quindi un passo significativo verso la riconciliazione di queste differenze.

La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta quindi un momento decisivo per i lavoratori del settore pubblico in Italia, mettendo fine a un periodo di incertezza e frustrazione. Tuttavia, la sua attuazione rappresenta una sfida notevole, considerando l’impatto finanziario significativo che comporta per il bilancio dell’Inps.

Cgil FLC e FP, tra gli altri, richiedono che il Governo italiano affronti queste sfide con un atteggiamento proattivo, individuando soluzioni efficaci e sostenibili per gestire la liquidazione del Tfs in modo tempestivo, e al contempo minacciando “un’azione legale massiva” in caso contrario. Allo stesso tempo, è fondamentale garantire che le soluzioni adottate non creino ulteriori disparità o ingiustizie tra i lavoratori del settore pubblico e privato.