Una Russia profondamente indebolita, questo emerge dalla recente protesta di Prigozhin. Pietro Figuera, direttore di Osservatorio Russia e analista geopolitico della rivista Domino, racconta in un’intervista a Tag24.it cosa sta succedendo nel Paese. Tante le incognite: dove si trova in questo momento l’autore della protesta, quale sarà il ruolo di Lukashenko e soprattutto se dopo questo anno e mezzo la figura di Putin è ancora “intatta” in Russia.

Prigozhin, l’intervista a Pietro Figuera (direttore Osservatorio Russia)

Il 24 giugno è una data destinata a rimanere nella storia della Russia. La protesta portata avanti da Prigozhin che si è fermata a circa 200 km da Mosca ha rivelato moltissime fragilità del Paese producendo anche qualche effetto sul conflitto in corso in Ucraina. In questa situazione di difficoltà emerge anche il ruolo del presidente bielorusso Lukashenko che si propone come mediatore di una situazione interna alla Russia. A uscire lesa è la figura di Vladimir Putin, già indebolita dall’andazzo del conflitto.

Cosa emerge dalla giornata del 24 giugno in Russia a livello nazionale interno?

Emerge senz’altro una Russia indebolita. Lo hanno detto in molti ma occorre ribadirlo, specie nel caso in cui dovessero emergere altre interpretazioni di ciò che è successo – ad esempio l’idea di una messinscena. Suggestioni che mi ricordano l’attacco dei droni sul Cremlino di qualche settimana fa (30 maggio 2023): in quel caso una messinscena significava che la Russia per scopi non chiari era disposta a sacrificare la propria immagine di stabilità e la difesa delle sue istituzioni: uno scenario tutto sommato improbabile. Lo stesso può dirsi rispetto a quanto accaduto il 24 giugno. La Russia ne esce comunque più debole.

Prigozhin invece cosa rischia dopo tutto quello che è successo negli scorsi giorni?

Al momento è al sicuro. Dalle ultime notizie ha dato una sua interpretazione dei fatti e in un messaggio ha buttato acqua sul fuoco sostenendo che il suo non fosse un tentativo di colpo di Stato ma una forma di protesta. Una versione che però risulta difficile da sostenere dato che non si sono mai viste semplici proteste alla testa di un esercito di decine di migliaia di uomini diretti verso la capitale. Prigozhin starebbe cercando quindi di calmare le acque ed uscire da una situazione dalla quale si è reso conto che non sarebbe uscito né vittorioso né incolume: in questa lettura vedo anche la trattativa che c’è stata nel giorno della rivolta, si aspettava evidentemente reazioni più solidali, per così dire, da certi quadri dell’esercito che avrebbero potuto aiutarlo. In queste situazioni ricordiamo che i numeri delle forze in campo vanno presi con le pinze anche a causa di diserzioni che possono avvenire da una parte o dall’altra, i 25mila uomini potevano essere di più o di meno a seconda delle circostanze e dell’evoluzione della marcia verso Mosca.

Quale sarà il ruolo di Lukashenko?

Lukashenko ha avuto un ruolo già conclamato nella mediazione in questa situazione abbastanza inedita. Il presidente bielorusso ha provato già qualche forma di accordo tra Russia ed Ucraina soprattutto ad inizio del conflitto e per la prima volta si offre per la mediazione di una situazione interna alla Russia. Tutto ciò dà molta forza a Lukashenko, nonché peso contrattuale nell’ipotetica unione tra gli Stati di Russia e Bielorussia. Il presidente bielorusso si sta ponendo in maniera più moderata rispetto a Putin da qualche tempo: un epilogo davvero singolare, soprattutto se pensiamo che solo tre anni fa il suo regime rischiava di cadere, prima del salvataggio di Putin, e nessuno poteva immaginare che si sarebbe arrivati a un’inversione delle parti.

Conflitto con l’Ucraina: che impatto ha avuto sulla guerra?

Ci si aspettava un impatto maggiore anche nelle primissime ore della rivolta, ma così non è stato. Gli ucraini non hanno avuto la forza o la preparazione o forse non si aspettavano una svolta così rapida, il fronte in ogni caso ha tenuto e questo ci fa riflettere sulla controffensiva ucraina in corso. Oggi si segnalano ulteriori avanzate ucraine nella regione di Kherson ma non mi sembra che stiano scardinando gli attuali equilibri. L’invito di Prigozhin a rientrare nelle basi (e in Ucraina) sembra un “ritorno alla normalità”. Se il fronte interno russo non dovesse reggere, allora sì che le cose cambierebbero.

La figura di Putin è uscita lesa dalla guerra?

Putin è sempre stato molto attento alla sua immagine interna, quella internazionale – o meglio quella in Occidente – ha ormai rinunciato a curarla. L’intenzione di Putin era quella di conservare, anzi esaltare, la propria figura storica. Putin è un leader attento alla storia – lui stesso è uno “storico dilettante” – e voleva lasciare ai posteri una Russia più forte che avrebbe del tutto chiuso il capitolo della fine della guerra fredda e del declino negli anni ’90. Sul fronte della stabilità interna ed economica c’era riuscito nei primi anni al potere, ma con la guerra in Ucraina ha minato le basi della sicurezza economica e geopolitica della Russia che lui stesso aveva costruito. Proprio per questo credo che voglia prolungare più a lungo il conflitto, alla ricerca di un’occasione per invertire di nuovo il corso degli eventi. Ma non sarà affatto facile.