Poiché la storia spesso si ripete, gli strani avvenimenti di questi giorni in Russia mi hanno richiamato alla mente il fallito colpo di Stato contro Erdogan in Turchia del luglio 2016. Le analogie sono molto interessanti, a partire dall’improvviso arresto della marcia della Wagner, dopo poche ore dal suo inizio, che assomiglia molto alla rapida fine del golpe del 2016.
Russia, colpo di Stato fallito: le analogie con quello turco
Si disse, allora, che si era trattato di un colpo di Stato fasullo, ma non era così, e anche nel caso della Wagner è difficile sospettare che si sia trattato di una montatura.
Si è detto, in questi giorni, che gli Stati Uniti e l’Occidente fossero informati dei piani di Prigozhin, come certamente in Turchia erano informati del golpe i servizi russi che, infatti, salvarono Erdogan.
Lo stesso mistero del volo di Stato che si sarebbe diretto verso San Pietroburgo mi ha ricordato la fuga in aereo di Erdogan, che si diresse prima verso l’Europa e poi, dopo una strana serie di giri, ritornò in Turchia.
Nel luglio 2016, quasi certamente la causa della fine del golpe in Turchia fu la rottura della catena di comando: in questo caso potrebbe essere accaduto qualcosa di simile, cioè che qualcuno che aveva garantito a Prigozhin l’appoggio si sia all’ultimo momento tirato indietro.
Ritengo strano, infatti, che il capo della Wagner si sia mosso senza avere una sponda politica al Cremlino, altrimenti, se il suo scopo fosse stato sol quello di abbattere la classe militare esistente, perché avrebbe dovuto nei giorni precedenti rilasciare una intervista dal forte contenuto politico?
Si è detto che in questa intervista non sia mai stato citato Putin, ma il fatto che Prigozhin abbia delegittimato tutta la narrativa russa, dagli avvenimenti nel Donbass al ruolo della NATO, facendo sostanzialmente apparire quella dello stesso Putin come una falsa propaganda, ha un significato politico molto alto. È stata infatti la prima volta che affermazioni di questo tipo sono state fatte da un personaggio legato al potere di Mosca.
Il movente della rivolta della Wagner
Alla luce di tutto questo, mi sembra altamente improbabile che la rivolta della Wagner sia stata causata da ragioni economiche, anche se la natura mercenaria della brigata non può far escludere che qualcuno abbia pagato di più.
Probabilmente non sapremo mai che cosa è realmente accaduto, come del resto gli stessi fatti di Turchia del 2016 sono ancora avvolti nel mistero. Credo, tuttavia, che se dietro l’iniziativa della Wagner ci fosse anche un movente di tipo politico questo costituirebbe una reale minaccia per la leadership di Putin.
Una leadership, comunque, significativamente toccata dagli ultimi avvenimenti. La gran parte degli osservatori parla di indebolimento del capo del Cremlino, e io stesso sono di questo avviso, anche se questo non ci deve far stare particolarmente tranquilli, perché un Putin ferito e indebolito è certamente più pericoloso.
Le reazioni internazionali ai fatti di questi giorni si sono mosse tutte nella direzione di una estrema cautela. Dal sostegno al regime russo da parte di Cina e Turchia alle dichiarazioni dei leader occidentali tendenti a derubricare l’accaduto come un fatto interno alla Russia, appare chiaro che una eventuale presa di potere da parte dell’ultra nazionalista Prigozhin avrebbe costituito una soluzione perfino peggiore della permanenza dell’attuale regime: per la serie “al peggio non c’è limite”.
Del resto, l’avvio della marcia della Wagner da Rostov tra gli applausi della gente non può non suscitare un interrogativo inquietante: erano applausi per chi avrebbe dovuto abbattere il regime di Putin oppure per chi avrebbe dovuto rendere quel regime ancora più aspro e militarmente minaccioso? Anche questo non è dato di sapere, ma la complessità del mondo russo, infarcito di propaganda fino al midollo è tale da rendere spesso difficile trovare spiegazioni razionali.
Le conseguenze
Le domande che si pongono ora sono inquietanti:
- Riuscirà l’Ucraina ad approfittare dell’indebolimento russo anche dal punto di vista militare per rafforzare la propria controffensiva o ci sarà un ulteriore sforzo di Mosca che potrebbe portare altra violenza e allungare ancora i tempi della soluzione del conflitto?
- Quanto accaduto, con l’evidente delegittimazione del regime di Mosca, farà ricredere il popolo russo o almeno una parte di esso circa la realtà di chi lo comanda oppure solleverà una nuova ondata di nazionalismo destinata a rafforzare il potere di Putin?
- La “mediazione” – in verità assai improbabile – di Lukashenko solleverà nel popolo bielorusso una ulteriore ondata di ribellione antisistema o rafforzerà il potere del ventriloquo di Putin che abita a Minsk?
- La potentissima Cina, che già vacillava nel suo sostegno a Mosca, sarà ancora così convinta di sostenere un Putin che fa fatica a controllare persino le proprie forze armate, soprattutto nel momento nel quale sembrano esserci segnali di de-tensionamento tra Pechino e Washington?
- Ma la questione realmente sottovalutata in questo momento è: cosa accadrà nei Paesi del Medio Oriente e dell’Africa nei quali la Wagner “opera” per conto di Mosca?
A questi e ad altri interrogativi non siamo in grado di rispondere oggi. Speriamo di poterlo fare nelle prossime settimane.
E speriamo soprattutto che anche in altre parti del mondo, e non solo nell’occidente democratico, ci si cominci a rendere conto che l’instabilità produce solo instabilità, odio e guerra generano solo ulteriore odio e ulteriori guerre.
Paolo Alli