Chi è Aleksandr Grigoryevich Lukashenko, il presidente della Bielorussia dal 1994 e uno degli uomini politici più noti degli ultimi tempi.
Lukashenko nasce il 31 Agosto del 1954 nella città di Kopys, situata nel distretto di Orsha all’interno dell’Oblast di Vitebsk, ai confini con quella che oggi è la Federazione Russa. Ha conseguito due lauree: la prima, nel 1975, presso l’Università Pedagogica Statale di Mogilev e la seconda, nel 1985, presso l’Accademia Agraria Bielorussa. Ha trascorso, a partire dalla metà degli anni ‘70, cinque anni nell‘esercito ed ha inoltre ricoperto il ruolo di istruttore nella sezione affari politici.
In seguito è entrato nel Komsomol, l’organizzazione giovanile del Partito Comunista, ed in alcune organizzazioni locali. Nel 1990 viene eletto al Parlamento della Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia.
Chi è Lukashenko: l’ascesa al potere
In epoca sovietica Lukashenko era conosciuto da tutti come “Batka”, ovvero padre, termine che ben rappresenta l’immagine di sé che ha voluto proiettare, quella di un uomo apparentemente pacato, rassicurante ed in grado di garantirgli la vittoria alle elezioni presidenziali del 1994.
La sua lunga presidenza ha segnato un vero e proprio spartiacque per la politica interna e per le relazioni internazionali della Bielorussia, che solamente nel 1991 ha conquistato la propria indipendenza in seguito al crollo dell’Unione Sovietica.
La Bielorussia non ha mai sperimentato una vera e propria transizione democratica. I primi anni dopo il crollo dell’Unione Sovietica, infatti si rivelarono particolarmente traumatici.
Lukashenko riuscì a rafforzarsi nel giro di solo un anno, grazie al referendum costituzionale del 1995. Vennero sottoposti all’attenzione della popolazione quattro quesiti cruciali, in grado di determinare l’orientamento dello Stato nei decenni a venire. Il popolo approvò, con percentuali oscillanti tra il 77 e l’83%, la scelta di adottare una nuova bandiera, di rendere il russo lingua ufficiale al pari del bielorusso, di sciogliere il Parlamento e di favorire l’integrazione economica con la Federazione Russa.
L’opposizione cercò, almeno fino al 1996, di defenestrare Lukashenko tentando la via dell’impeachment ma non ci riuscì mai.
Il controllo, un tempo quasi totale, da lui esercitato sulla vita pubblica del Paese è stato recentemente messo in discussione dalle manifestazioni di protesta delle opposizioni.
La “strana” unione con la Russia e il rapporto con Putin
Nell’Aprile del 1996 Lukashenko e Boris Yeltsin, Presidente della Federazione Russa, siglarono il “Trattato per la Formazione di una Comunità”. L’accordo promuoveva il coordinamento dei due Paesi in ambito politico ed economico e dava vita ad un Consiglio Supremo e ad un Comitato Esecutivo comuni. Nel 1997 si giunse ad una seconda firma che portò alla nascita dell’Unione tra Russia e Bielorussia. Questo nuovo capitolo rafforzava la cooperazione in ambito economico e nella sicurezza e ribadiva l’obiettivo di giungere all’adozione di una valuta comune. I due Trattati però ebbero poche conseguenze pratiche.
L’Unione esiste principalmente sulla carta ma ciò non ha impedito a Minsk e Mosca di stringere legami sempre più forti dal punto di vista economico e politico. Le forze militari dei due Paesi collaborano anche se Lukashenko ha sempre evitato di favorire un consolidamento eccessivo della presenza russa in Bielorussia.
Nel corso degli anni Lukashenko ha definito il suo rapporto con il presidente russo dichiarando che per lui Putin è come un fratello maggiore, più volte abbracciato e sostenuto e dal quale più volte è stato aiutato. Infatti la realtà è che Lukashenko e Putin ormai sono indissolubilmente uniti per la sopravvivenza reciproca.
La mediazione con Prigozhin
Grazie a Lukashenko, poche ore dopo aver evocato l’inizio di una “guerra civile”, il capo della compagnia mercenaria russa “Wagner”, Evgenij Prigozhin, ha fermato i suoi uomini quando erano ormai a 200 chilometri da Mosca.
“Ci fermiamo e torniamo alle basi. Torniamo in Ucraina”, ha annunciato Prigozhin in un messaggio audio spiegando di voler evitare un bagno di sangue” e di aver accettato la mediazione del presidente bielorusso Alexandr Lukashenko per porre fine alla crisi iniziata con l’occupazione della città di Rostov-sul-Don.
Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa bielorussa, è stata “una soluzione accettabile, con garanzie di sicurezza per i combattenti di Wagner”. I negoziati tra Lukashenko e Prigozhin sono andati avanti tutto il giorno, ha aggiunto il servizio stampa della presidenza bielorussa.
Il presidente russo Vladimir Putin è pronto a garantire, con ogni mezzo, la sopravvivenza dell’esecutivo da lui guidato. Una crepa dalle parti di Minsk rischia infatti di generare profondi riverberi anche da quelle di Mosca.