Dopo un iter particolarmente lungo, l’equo compenso per i liberi professionisti è diventato legge. Il Disegno di legge è stato approvato il 12 aprile 2023 ed è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 5 maggio scorso.

L’equo compenso diventa un elemento molto importante, se non fondamentale, nei rapporti di lavoro tra professionisti e committenti. Lo scopo della Legge è quello di rafforzare la tutela dei professionisti nei confronti di alcune specifiche imprese che sono ritenute in grado di determinare uno squilibrio nei rapporti con i liberi professionisti.

Delineate anche le regole da rispettare, andiamo a spiegare cos’è e come funziona l’equo compenso e cosa accade se non si rispettano le regole nel 2023.

Cos’è e come funziona l’equo compenso dei liberi professionisti

La Legge n. 49, del 21 aprile 2023, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 5 maggio 2023 ed è entrata in vigore il 20 maggio 2023. Una Legge che per diventare tale ha attraversato un lungo iter, ma che finalmente definisce le regole e le disposizioni sull’equo compenso per i liberi professionisti.

Cos’è l’equo compenso? Si intende un corrispettivo proporzionato alla qualità e alla quantità di lavoro svolto, al suo contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.

Per legge, comunque, i parametri di riferimento delle prestazioni professionali devono essere soggetti ad un adeguamento biennale, su proposta degli ordini o dei collegi professionali.

La legge, in particolar modo, prevede che la normativa sull’equo compenso venga applicata rispetto allo svolgimento di attività in favore di:

  • Imprese bancarie e assicurative e delle loro società controllate e mandatarie;
  • Pubblica Amministrazione;
  • Imprese che durante l’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato più di 50 lavoratori oppure hanno registrato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.

L’equo compenso trova, altresì, applicazione rispetto a tutti gli accordi preparatori o definitivi purché questi siano vincolanti per il libero professionista.

A chi non riguarda? Non si applica per le prestazioni rese in favore di società veicolo di cartolarizzazione né verso gli agenti della riscossione.

Cosa accade se non si rispettano le regole

Le norme sull’equo compenso devono essere obbligatoriamente rispettate. Se così non fosse si possono far valere in giudizio. Il giudice può accertare il carattere non equo pattuito e può far rideterminare il compenso e condannare il cliente al pagamento della differenza.

In ogni caso, se presenti i presupposti, il giudice può condannare il cliente a pagare un indennizzo fino al doppio della differenza.
Inoltre, le clausole che non prevedono un compenso equo sono nulle e, contemporaneamente, la nullità riguarda anche le pattuizioni che:

  • Vietano al professionista di pretendere acconti;
  • Impongono l’anticipazione delle spese;
  • Attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto al lavoro.

La nullità delle clausole non si estende al contratto che, tuttavia, rimane valido.

Dobbiamo parlare di un altro caso, ossia quando il contratto oppure la convenzione stipulata prevedano un compenso non equo. In questo caso, il professionista può impugnarli e ottenere la nullità della clausola e chiedere al giudice di rideterminare il compenso per l’attività professionale prestata.

Qual è il ruolo degli ordini professionali e dei collegi? Essi possono adottare singole disposizioni per sanzionare il libero professionista di non aver rispettato gli obblighi.

E le imprese? Hanno la possibilità di adottare modelli standard di convenzione, che siano stati concordati con gli organi professionali o con i collegi professionali. Fino a prova contraria, i compensi stabiliti dai modelli standard di convenzioni si presumono equi.

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