Ripartono da domani, 26 giugno, i tavoli di riforma delle pensioni per l’anno 2024 con un conto salato sulle casse dello Stato se si dovessero fare tutte le misure promesse in campagna elettorale dai partiti di maggioranza, prima tra tutte quota 41. Occorrerebbero 10 miliardi di euro per la nuova quota 41, le conferme di quota 103 e dell’Ape sociale, con più categorie di lavoratori in uscita allargando le tipologie di lavori gravosi e usuranti, la proroga di opzione donna e gli aumenti degli assegni mensili per l’inflazione. Più della metà delle risorse andrebbero investite per la sola quota 41, l’aumento delle pensioni, l’anticipo pensionistico sociale e opzione donna. Quattro miliardi andranno via solo per il meccanismo di adeguamento all’inflazione dei trattamenti previdenziali.

Pensioni, riparte la trattativa per la riforma 2024: quota 41 e 103, opzione donna, Ape sociale, quali misure si faranno?

Appare abbastanza chiaro che non si potrà fare tutto nella legge di Bilancio 2024 al capitolo di riforma delle pensioni, ma si dovrà scegliere cosa includere e cosa no. Anche perché i miliardi a disposizione tra le spese previdenziali non dovrebbero andare oltre uno o due. La prima misura destinata a uscire fuori dai radar, almeno nell’immediato, è quota 41 che, per solo il 2024, avrebbe un costo tra i tre e i quattro miliardi. La quota, cavallo di battaglia soprattutto della Lega di Matteo Salvini nella campagna elettorale, sarà molto probabilmente un obiettivo di fine legislatura. I lavoratori precoci, intesi come coloro che hanno iniziato a lavorare in età adolescenziale, dovranno virare verso altre misure di pensione anticipata.

Prima tra tutte, la quota 103, che potrebbe essere confermata per il 2024 dal momento che ha un costo contenuto, stimabile intorno ai 572 milioni di euro (per il 2023) e a circa 1,2 miliardi per il 2024. In realtà, non tutti gli avanti diritto alla pensione a 62 anni di età unitamente a 41 anni di contributi, scelgono di andare in pensione, almeno subito dopo aver maturato i requisiti previdenziali di uscita. C’è la possibile conferma dell’Ape sociale, con un ulteriore ritocco delle professioni usuranti e gravose: aggiungerne altre, come avvenne con il governo di Mario Draghi, potrebbe avere un costo per il 2024 superiore ai 220 milioni di euro già stimati (a fronte dei 64 milioni del 2023), ma non si dovrebbe andare molto più in là di questa cifra.

Aumenti assegni pensione 2024 e minime, ultime novità dal tavolo di oggi

I tavoli della riforma delle pensione, organizzati al ministero del Lavoro e alla presenza dei sindacati e delle parti sociali, riprenderanno dalla giornata di oggi dopo alcuni mesi di stop. La novità sarà la piena operatività dell’Osservatorio della spesa previdenziale, istituito proprio presso il ministero di via Veneto, con lo scopo di monitorare i costi della previdenza italiana e di formulare delle proposte di riforma degli strumenti previdenziali. In questo contesto, le parti dovrebbero essere abbastanza in sintonia nel restituire i requisiti di uscita precedenti alla legge di Bilancio 2023 alle lavoratrici con l’opzione donna. Le modifiche introdotte nella scorsa Manovra hanno prodotto un restringimento della platea delle lavoratrici in uscita stimabile in pochissime migliaia di unità. L’ipotesi che va per la maggiore è quella di ripristinare i requisiti validi fino al 31 dicembre 2022.

La fetta più alta della riforma previdenziale dovrebbe essere quella relativa agli aumenti degli importi pensionistici. C’è già in atto un aumento delle pensioni minime che riguarderà i pensionati under e over 75 anni nel pagamento Inps di luglio 2023, ma il governo, anche per il prossimo anno, dovrà far fronte all’adeguamento delle pensioni all’indice di inflazione. Il meccanismo, in ogni modo, comporterà un esborso quantificabile in vari miliardi di euro.