Ancora due stagioni insieme, Andrea Belotti rimarrà alla Roma fino al 2025 con il club giallorosso che ha fatto scattare il rinnovo automatico. Il primo anno del Gallo non è stato quello sperato, in campionato non è mai riuscito a sbloccarsi sbagliando anche un calcio di rigore proprio contro il suo ex Torino mentre in Europa ha trovato più continuità fino al miracolo di Bono che gli ha negato la rete del vantaggio in finale. Eppure si è goduto uno Stadio Olimpico sempre pieno con i tifosi che non hai mai abbandonato la squadra anche nei momenti più complicati della stagione.
Avanti insieme
La volontà di Belotti di proseguire alla Roma è sempre stata chiara, ha accettato il ruolo di alternativa dal momento del suo arrivo cercando di farsi trovare pronto ad ogni chiamata in campo. Ha scalato la gerarchia in attacco fino a diventare titolare ma dei problemi fisici lo hanno costretto allo stop. Ora si gode gli ultimi giorni di vacanza prima di ripartire con la nuova stagione:
Per me è un’emozione grandissima, fin dal primo momento che ho messo piede dentro Trigoria ho capito l’importanza di questa squadra, di questa gente, di questa città. È qualcosa che si può percepire soltanto quando si è dentro al 100%, qualcosa di talmente importante che mi rende orgoglioso. Vivo questo prolungamento come una tappa di un percorso iniziato un anno fa. Ringrazio Tiago Pinto per avermi dato l’opportunità di giocare per la Roma. Lo staff e il mister per avermi messo in condizione di farlo nel migliore dei modi e per aver creduto in me, ma anche i miei compagni che mi hanno subito fatto sentire parte di una famiglia
Il primo anno è stato lungo e complicato. L’arrivo in giallorosso solo negli ultimi giorni di mercato dopo un corteggiamento di mesi, la fatica di entrare in forma per essere utile alla squadra fino al gol in campionato cercato con insistenza e mai arrivato. Non gli era mai capitato di rimanere a secco in Serie A per una intera stagione, la consolazione sono le tre reti in Europa League che hanno aiutato la squadra ad arrivare fino in fondo alla manifestazione quando sarebbe potuto diventare l’eroe della serata se non avesse trovato uno straordinario Bono ad opporsi alla sua conclusione.
Sotto il punto di vista realizzativo non è stata una stagione positiva, purtroppo è capitato, ma l’unico modo che conosco per ribaltare le cose è quello di lavorare ogni giorno. Sarebbe stato un epilogo perfetto il gol in finale di Europa League, purtroppo però il portiere è stato bravo, così bravo che non ci hanno dato neanche il calcio d’angolo. Posso solo provare ad immaginare cosa sarebbe successo se quella passa fosse entrata.
Ci sono stati dei momenti di delusione, ma la squadra non si è mai rassegnata, anche dopo la finale persa a Budapest non abbiamo mollato e siamo riusciti a vincere l’ultima di campionato davanti ai nostri tifosi. La rassegnazione non abiterà mai in noi. È stata una partita importantissima per noi perché vincere contro lo Spezia ci ha permesso di qualificarci in Europa League, una competizione in cui abbiamo sfiorato il trionfo quest’anno e che magari l’anno prossimo proveremo a vincere.
Il giro di campo ci è sembrato il minimo per questi tifosi, per tutto l’affetto e il sostegno che ci hanno dato in ogni partita. Si sono sempre fatti sentire attraverso ogni sold-out all’Olimpico, il settore ospiti sempre pieno in trasferta, anche per la finale di Budapest sono arrivati in tantissimi.
Ci sono tante cose che non dimenticherò. Una di quelle che ricorderò per sempre è la partita di ritorno contro il Feyenoord in casa. I loro tifosi non potevano esserci e per la prima volta ho visto tutto lo stadio interamente giallorosso. Mi ha fatto venire i brividi, la pelle d’oca.
Ci tengo a ringraziarli per tutto il sostegno che ci hanno dato e che sono sicuro daranno sempre per questa maglia. Noi non possiamo far altro che scendere in campo con l’unico obiettivo di regalar loro soddisfazioni, fare il nostro massimo per portare a casa dei trofei.
Una garanzia chiamata Mourinho
Tutto è collegato da un filo invisibile che risponde al nome di Jose Mourinho. Il tecnico portoghese ha plasmato la Roma a sua immagine e somiglianza nel bene e nel male, un gruppo che ha gettato sempre il cuore oltre l’ostacolo per cercare di ottenere il risultato sperato.
La squadra ha risposto sempre presente. Anche nei periodi più difficili della stagione siamo stati compatti, sempre. Va detto che la forza di questa squadra è proprio il gruppo, non ho mai avuto dubbi su questo. Ogni giocatore infortunato o alle prese con qualunque problema ha sempre stretto i denti per esserci. Questo fa capire che ognuno di noi è disposto a sacrificarsi per la Roma.
Quell’abbraccio all’Olimpico al momento della mia sostituzione durante la partita contro l’Inter è una delle cose che mi porterò dentro per sempre perché è stato talmente sincero e vero che mi è arrivato dritto al cuore. Da una parte mi ha reso orgoglioso per aver stretto i denti, dall’altra mi ha fatto apprezzare ancora di più il nostro allenatore che, nonostante tutti i titoli vinti, umanamente è unico, non se ne trovano così in questo mondo. Il mister è un vincente: ti fa capire l’importanza di una vittoria e ti insegna a voler vincere sempre, partita dopo partita. E poi ha una grande dote, ha una forte empatia con i ragazzi. Quando tu pensi di dare il 100% lui è in grado di tirarti fuori il 130%, riesce a spingerti oltre i propri limiti, e non di poco