Tfr Pubblica amministrazione, la Corte costituzionale dice stop alle attese di anni per ottenere la liquidazione, ma l’imperativo vale solo per i dipendenti Pa che vanno in pensione di vecchiaia, a esclusione quindi delle altre formule di pensione anticipata e di anzianità. Il governo guidato da Giorgia Meloni dovrà pertanto mettere mano alla legislazione sul Trattamento di fine rapporto (Tfr) o Trattamento di fine servizio (Tfs), assicurando nuove regole che possano tener conto delle modifiche richieste dalla Corte costituzionale, senza pesare tuttavia sui conti pubblici.
A non subire variazioni saranno le pensioni anticipate per le quali rimarranno i due anni di attesa. Proprio le uscite anticipate rappresentano la stragrande maggioranza delle formule di uscita, con sette pensionamenti su dieci che avvengono in età anticipata rispetto a quella prevista per raggiunti limiti di età o di servizio. La Consulta spiega la “salvaguardia” dei tempi relativi alle pensioni anticipate con le esigenze di incentivare il personale del pubblico impiego a rimanere a lavoro rinviando la pensione.
Tfr Pubblica amministrazione, stop attese liquidazione ma solo per chi esce con la pensione di vecchiaia e non con anticipata
Trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs) dei lavoratori della Pubblica amministrazione, è arrivato lo stop della Corte costituzionale in merito ai lunghi tempi per ottenere la liquidazione. Un’attesa che non è giustificabile al termine del servizio prestato per la Pubblica amministrazione e sulla quale Parlamento e governo dovranno intervenire per accorciare il pagamento della liquidazione, garantendo un equilibrio anche con i conti pubblici. L’impatto della spesa del Trattamento di fine rapporto per gli statali è stimato dall’Inps in 13,9 miliardi di euro, pari allo 0,7 per cento del Pil, una cifra che sarebbe di difficile collocazione nel bilancio dello Stato per un intervento tout court immediato nella legge di Bilancio 2024.
Ma le indicazioni della Corte costituzionale vanno nella direzione di differenziare i canali di uscita per il pensionamento dei dipendenti statali. Infatti, la riduzione dei tempi dovrà riguardare i lavoratori del pubblico impiego che vanno in pensione con la formula di vecchiaia, all’età di 67 anni e con almeno 20 di contributi versati. Si tratta, secondo i calcoli dell’Inps, di una quota minoritaria dei pensionamenti che, su un totale di 100-120.000 nuovi pensionamenti all’anno di lavoratori della Pubblica amministrazione, è stimata nel 30 per cento circa i pensionamenti di vecchiaia, lasciando il primato alle pensioni anticipate e a quelle di anzianità contributiva (comprese le varie quote) per il 70 per cento delle uscite totali. Una quota residuale riguarda i pensionamenti per inabilità.
Liquidazione Tfr e Tfr Pa: ecco quali sono le novità in arrivo per ridurre i tempi del pagamento
Secondo gli ultimi dati disponibili riferiti al 2022, nella Pubblica amministrazione sono stati calcolati circa 100.000 pensionamenti, dei quali 70mila di pensione anticipata e anzianità contributiva, 27.000 di pensioni di vecchiaia e 3.000 per inabilità. In base alle attuali regole, il versamento della liquidazione ha tempi di attesa di un anno per i pensionamenti di vecchiaia, due anni per le uscite anticipate e di anzianità, 105 giorni per le pensioni di inabilità. Inoltre, il pagamento del Trattamento di fine rapporto (Tfr) o di fine servizio (Tfs) avviene a rate: i primi 50.000 euro arrivano nella prima tranche, altrettanti (o la seconda quota entro i 100.000 euro di liquidazione) arrivano nella seconda, e il residuo eventuale nella terza rata.
Ciò che ha stabilito la Corte costituzionale è che il governo dovrà accorciare i tempi di attesa della liquidazione della pensione di vecchiaia, per la quale non sussistono le motivazioni di attesa del pensionamento anticipato consistenti nell’incentivare il dipendente della Pubblica amministrazione a continuare a prestare il servizio fino al conseguimento dei raggiunti limiti di età o di servizio come avviene per la vecchiaia.