Riprenderanno lunedì prossimo, 26 giugno, i tavoli di riforma delle pensioni al ministero del Lavoro interrotti lo scorso febbraio, con l’obiettivo di introdurre misure previdenziali che possano risolvere le questioni degli anticipi pensionistici e della misura ponte alternativa a quota 103. In vista di un meccanismo più flessibile e meno rigido rispetto a quello delineato dalla legge Fornero, nel prossimo tavolo si discuterà proprio del dopo quota 103, misura che tuttavia potrebbe essere riconfermata anche dopo il 31 dicembre 2023, dal momento che questo meccanismo di uscita anticipata ha fatto registrare costi non troppo elevati in termini di spesa previdenziale. Sullo sfondo anche la questione delle lavoratrici, uscite non certo avvantaggiate dalla nuova opzione donna di quest’anno, con una riduzione sostanziale del numero delle uscite anticipate.

Riforma pensioni, dal 26 giugno nuovi tavoli: focus anticipi pensionistici quota 103 e opzione donna

Dopo quattro mesi di interruzione, riprenderanno lunedì prossimo, 26 giugno, i tavoli di discussione al ministero del Lavoro per la riforma delle pensioni del 2024, un confronto mediante il quale il governo intenderà coinvolgere i sindacati sulle misura di anticipo pensionistico da adottare nella prossima legge di Bilancio. Il ministero di Via Veneto, in questa collaborazione con le parti sociali, potrà avvalersi dell’avvio dei lavori del nuovo Osservatorio sulla spesa previdenziale, istituito due mesi fa con l’obiettivo di monitorare la spesa per le pensioni stimata in crescita del 7 per cento nei prossimi due anni. Tra i compiti del nascente Osservatorio, vi è anche quello di elaborare delle proposte di misure flessibili e di uscita anticipata che possano offrire alternative valide ai lavoratori prossimi alla pensione.

Quota 41 obiettivo dei prossimi anni

A tal proposito, i lavori dei tavoli potrebbero portare a suggerire al governo di confermare la quota 103 anche per il 2024, dal momento che la misura offre un’alternativa apprezzabile a chi dovesse maturare i requisiti anagrafici e contributivi nel prossimo anno. Inoltre, la misura incontrerebbe i favori degli ambienti politici per i costi limitati rispetto ai cavalli di battaglia della maggioranza, quale ad esempio quota 41, che sarà un obiettivo percorribile solo per la fine della legislatura. Quota 103 non dovrebbe essere confermata integralmente, in ogni modo, ma rivista nella legge di Bilancio 2024, con qualche modifica che potrebbe avvantaggiare le categorie più deboli dei lavoratori e allargare la platea dei contribuenti prossimi alle pensioni. A tal proposito, potrebbe essere ampliato il numero delle professioni rientranti tra quelle usuranti, come già successo con l’Ape sociale durante il governo di Mario Draghi.

Riforma pensioni, quota 103 confermata per il 2024?

La conferma della quota 103 per altri dodici mesi potrebbe avere qualche resistenza da parte dei sindacati, i quali non gradirebbero l’integrazione dei requisiti contributivi con quelli anagrafici. Per le sigle, le soluzioni percorribili sarebbero quelle legate all’età di uscita a 62 o 63 anni, oppure l’uscita con 41 anni di contributi, cosa che avverrebbe solo con l’introduzione della quota 41 per tutti, senza gli ulteriori paletti che ne condizionino l’uscita attuale dei lavoratori precoci. Da questo punto di vista, il governo si attende varie simulazioni di spesa relative dall’Osservatorio istituito presso il ministero del Lavoro. Ma, soprattutto, il nuovo organismo dovrà sfruttare la capacità di analisi della spesa previdenziale per formulare opzioni alternative o suggerimenti ai partiti della maggioranza.

Opzione donna, si torna ai requisiti di pensione del 2022?

Novità sono attese per il prossimo anno anche per quanto concerne l’opzione donna, la misura penalizzata dalla legge di Bilancio 2023 con un aggravamento dei requisiti di uscita anticipata e una platea di pochissime migliaia di lavoratrici ammesse alla pensione anticipata per quest’anno. Le ipotesi che i sindacati stanno prendendo in considerazione sono quelle che prevederebbero il ripristino dei requisiti di uscita dello scorso anno, consistenti in 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti (59 anni per le lavoratrici autonome) e 35 anni di contributi. Rimarrebbe invariato il ricalcolo della futura pensione che contemplerebbe il solo metodo contributivo, meno favorevole rispetto al misto, sistema di provenienza delle lavoratrici in uscita con questa misura.

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