Ritorna, ancora una volta, la discussione sull’energia nucleare in Italia. Scelta giusta o azzardo? Quali potrebbero essere i rischi e quali invece i vantaggi: ne parliamo su Tag24.it con Luca Romano, conosciuto in rete come ‘L’Avvocato dell’Atomo’. Ecco quali alcuni degli aspetti più importanti che dovremo valutare.
Nucleare in Italia, l’intervista di Tag24.it all’Avvocato dell’Atomo
La crisi energetica ha spinto nuovamente il nucleare al centro del dibattito e recentemente alcuni esponenti di Azione ne hanno ribadito l’importanza per l’Italia. Nel nostro Paese però l’opinione è in parte ancora discorde. L’atomo spaventa e ci sono ancora tanti detrattori inoltre la paura di possibili incidenti scoraggia una parte degli italiani.
Oggi il nucleare può aiutare nel superamento della crisi energetica?
A breve termine sicuramente no. Il nucleare ha dei tempi di implementazione che anche se non sono lunghi-come molti contrari vogliono far credere-sono più lunghi dei tempi della crisi che ha colpito l’anno scorso ed è ancora in corso adesso e richiede soluzioni immediate. Il nucleare può essere una soluzione strutturale di medio-lungo termine per evitare che si ripresentino crisi analoghe a quella del gas che abbiamo avuto l’anno scorso se dovessero esserci eventi geopolitici che potrebbero compromettere le nostre strutture energetiche.
Tema sostenibilità: si parla anche di nucleare di quarta generazione, quanto è green il nucleare oggi?
Il nucleare è già di per se una tecnologia pulita perché l’altissima densità energetica dell’uranio fa sì che la quantità di esternalità e la qualità di rifiuti a parità energia prodotta sia inferiore a quella di qualsiasi altra fonte, incluse le rinnovabili. Nello specifico alcune filiere del nucleare di quarta generazione hanno la caratteristica di poter riciclare le scorie radioattive riducendo quindi i tempi di decadimento e la quantità stessa di rifiuti e quindi alcuni lo considerano nucleare pulito. In realtà già oggi il nucleare di terza generazione è una tecnologia che produce pochissimi rifiuti per unità di energia ed è ad emissioni molto basse.
Quali sono invece i rischi dei quali dovremmo tener conto?
I rischi sono presenti in qualunque tecnologia. Se dicessi che il nucleare è privo di rischi mentirei. Bisogna sempre quantificare i rischi con i benefici ma soprattutto rispetto ai rischi di non fare il nucleare. Noi oggi accettiamo passivamente migliaia di morti ogni anno in Italia e milioni nel mondo a causa dell’inquinamento dovuto all’uso di combustibili fossili. Se sostituissimo questi ultimi con il nucleare la quantità totale di rischio diminuisce perché si va ad utilizzare una tecnologia con il fattore di rischio molto basso che è tra le più sicure sostituendola a tecnologie con fattori di rischio alto come i combustibili fossili.
Se domani si accettasse il nucleare in Italia dove si potrebbe edificare e quale potrebbe essere il tempo di costruzione? Molti indicano i vent’anni e sono molto scoraggiati da questi tempi lunghi…
Va innanzitutto detto che venti anni sono in realtà perfettamente compatibili con i tempi della transizione ecologica che va ultimata nel 2050, con obiettivi intermedi nel 2030. Per quanto riguarda i tempi di costruzione la media mondiale è sette anni.
Se si fanno un numero di reattori tali da innestare un discorso da economia di serie per cui il primo ha tutte le problematiche relative alle prime volte che si fa qualcosa e i successivi imparano dall’esperienza dei precedenti è molto probabile che i reattori successivi al primo possano entrare in una curva di apprendimento per cui i tempi si abbassino e con essi anche i costi, anche perché molti costi sono legati a interessi sui finanziamenti e se si abbassano i tempi gli interessi si accumulano per meno tempo. La mia idea è che si possano costruire reattori in 7\10 anni ma sarebbe necessario fare il progetto e si partirebbe nel giro di 4\5 anni.
Veniamo al siting, ovvero la decisione di dove collocare le centrali nucleari. Si tratta di una procedura complessa e delicata e sono necessari degli studi che dimostrino l’adeguatezza del terreno o del sito per ospitare una centrale quindi non potrei arrogarmi di dire dove andrebbero edificate. Detto ciò secondo me potrebbero esserci luoghi più adatti.
Prima di tutto i posti dove sorgevano centrali nucleare in passato. Ad esempio la zona del vercellese, l’alto Lazio dove si doveva fare la centrale di Montalto di Castro. C’è anche il basso Lazio dove si doveva fare la centrale di Latina. Altri luoghi che potrebbero avere buone caratteristiche sono il Polesine-dove c’è un impianto a gas e senza troppi abitanti e con la presenza di acqua-e i posti dove ci sono centrali a carbone dove si può sostituire la fonte più sporca con quella più pulita. Ci sono centrali a carbone a La Spezia, Monfalcone, Brindisi e forse Civitavecchia-se non ci fosse la centrale di Montalto in futuro, ovviamente. C’è poi la zona del Garda, con accesso all’acqua e bassa sismicità e inoltre è vicina a zone industriali. Questi potrebbero essere punti di partenza se accompagnati da studi che dimostri l’effettiva fattibilità.
Si parla molto anche dell’idrogeno…
L’idrogeno non è una fonte di energia, si tratta di un vettore energetico. Va prodotto consumando energia e poi si sfrutta per ricavare energia che è sempre meno di quella che si è usata per produrlo. Sarebbe eccellente per decarbonizzare alcuni settori dato che può sfruttare temperature molto alte e quindi può essere utilizzato in settori industriali e trasporti.
Però non è una fonte energetica dunque dipende da come viene prodotto. Oggi la maggior parte dell’idrogeno a livello mondiale è prodotto a partire dal metano attraverso un processo di steam reforming. Si parla anche di idrogeno verde ma siamo indietro sulla realizzazione e sulla possibilità di rendere questa tecnologia competitiva. Potrebbe però avere un ruolo importante nella decarbonizzazione. Anche l’idrogeno viola- prodotto col nucleare- lo sarà ma non dobbiamo dimenticare che per produrre idrogeno si spende energia. L’idrogeno è un mezzo per trasferire l’energia da una centrale nucleare a qualcos’altro dove non si può sfruttare direttamente l’energia del nucleare.