Sommergibile Titan, cosa spinge le persone a provare sfide estreme? La possibilità che l’episodio si tramutasse in tragedia non andava sottovalutata, ma ognuno ragiona con la propria testa e sceglie liberamente. Rischiando, nell’eventualità, di perdere la vita: perché succede? Ne abbiamo parlato con Maria Tinto, psicoterapeuta, intervenuta a Società Anno Zero, su Radio Cusano Campus. “Il bisogno di sfidare la morte va oltre l’immaginazione. Spesso, si tratta di persone che vivono una situazione di agiatezza sociale tale da potersi permettere il lusso di sfide estreme, pagando cifre esorbitanti – ha sottolineato l’esperta – un aspetto che rimanda ad un senso di onnipotenza e voglia di dimostrare agli altri di fare cose che non sono concesse loro. E’ quasi voglia di palesare l’immortalità. Siamo liberi di decidere come vivere e come morire, ma se costringiamo gli altri a scegliere dovremmo assumerci le nostre responsabilità“.

Sommergibile Titan, cosa spinge le persone a provare sfide estreme?

Per quelli che vivono esperienze di turismo estremo c’è anche bisogno di dover combattere la noia, un modo per affermare, da un punto di vista sociale, la propria unicità, fare cose che agli altri non sono concesse. Quelli che si espongono ad avventure estreme, ad esempio, sono persone che si esibiscono – ha aggiunto la psicoterapeuta – parliamo di persone che vivono in una bolla che appartiene ad un certo rango. Molti pensano di poter fare tutto coi soldi, anche vincere la morte. Non si valorizza la semplicità della vita: stiamo perdendo il gusto delle cose semplici, cerchiamo emozioni forti. E’ un aspetto che dilaga nella mentalità comune, non foss’altro che si tratta non di coraggio, ma di imprudenza. E di una rappresentazione di sé non conforme a quello che in realtà si è nella vita. All’uomo piace sfidare gli dei“.

Il mito di Sisifo e l’insensatezza della vita

Mi viene in mente il mito di Sisifo che sfida gli dei, e l’eterna condanna a trainare un masso, sul monte, che viene ributtato giù e lui deve ritirarlo su. Rimanda al bisogno interiore di sconfiggere la finitezza del nostro essere che è anche una presunzione – si è congedata Maria Tinto – il presagio che qualcosa stava mettendo in pericolo la propria vita c’era, ma viene sovrastato da una logica innaturale“.