Alcuni studenti sparano dei pallini di gomma con un pistola ad aria compressa contro la professoressa di scienze, la donna riporta ferite al volto, ma i ragazzi vengono promossi. Questa la vicenda che ha coinvolto Maria Cristian Finatti, insegnante dell’istituto rodigino Its “Viola Marchesini”, vittima dell’insensata violenza dei suoi studenti. Ora la professoressa commenta l’accaduto con parole di rabbia: «La loro promozione è una sberla morale».

I fatti risalgono all’11 ottobre scorso, quando 5 ragazzi – ma 3 hanno avuto un ruolo marginale – hanno deciso di portare in classe una pistola ad aria compressa e puntarla contro la professoressa che stava spiegando. Uno dei giovani ha sparato, mentre un altro riprendeva e diffondeva sui social la gravissima bravata. Nessuna conseguenza alla carriera scolastica dei due coinvolti: entrambi gli studenti sono stati promossi.

Sono profondamente delusa, ma vado avanti con la mia denuncia e ci penserà il tribunale dei minori a far capire ai ragazzi la gravità di quanto accaduto.

Ha detto Finatti commentando i fatti ai microfoni del Corriere del Veneto.

La «sberla morale» di cui parla la professoressa sembra un vero ceffone se si pensa che uno dei ragazzi coinvolti, proprio colui che ha sparato dalla pistola ad aria compressa, non solo è stato promosso, ma in condotta ha pure preso 9.

Vorrei sapere quali sono stati i criteri utilizzati per dare un 9 in condotta e perché l’episodio che mi è accaduto è stato svalutato. Vorrei non sentirmi più così abbandonata e finire gli ultimi anni di insegnamento in serenità.

Ha detto la prof vittima della violenza.

Sparano pallini di gomma e colpiscono la prof di scienze: “Potevo perdere un occhio”

La professoressa Finatti lancia un’accusa ai colleghi che hanno preso parte alla valutazione dei due ragazzi coinvolti nell’episodio:

Non entro nel merito delle decisioni prese dal consiglio di classe di questa prima perché non ne faccio più parte, ma mi sembra una mancanza di considerazione della mia persona. Un atto grave trasformato in un ‘gioco’ e adesso sminuito ulteriormente con la promozione. Quel giorno mi ha salvato la mascherina, potevo perdere l’occhio, ma chi è vittima è vittima, il sistema scuola non ti salva.

Per la prof, la scelta di promuovere i suoi aguzzini è sbagliata, indipendentemente dalla media scolastica. «I bei voti non centrano», ha detto Finatti, «mi aspettavo che i ragazzi venissero bocciati».

Non ho nulla contro i miei colleghi e non entro nel merito, sanno loro il percorso fatto dai ragazzi nel resto dell’anno scolastico. Ma è come se i primi due mesi, settembre e ottobre, quelli in cui io ero la loro docente di Scienze, fossero stati cancellati. Si può bocciare uno studente che va bene a scuola per un episodio come quello accaduto a me, come è successo ad Abbiategrasso dove hanno bocciato l’alunno che ha accoltellato la propria insegnante.

La prof colpita dalla pistola ad aria compressa: “Non mollo la denuncia”

Ora, a Maria Cristian Finatti non è rimasto altro che aggrapparsi alla speranza che almeno la sua denuncia possa essere ascoltata e che la condotta violenta dei ragazzi sia finalmente punita. La professoressa rodigina prosegue dunque il suo percorso legale contro gli studenti che l’hanno colpita e che per poco non le cavavano un occhio.

Non mollo la denuncia e vado avanti, devono ancora pagare. Ora spero che il Tribunale dei minori faccia il suo percorso e che i ragazzi prendano uno spauracchio e si rendano conto — loro e anche i loro genitori — che è con le esperienze negative che si migliora. Le mamme e i papà vorrebbero sempre il bene per i figli ma è con le esperienze ostili che si impara a vivere. Non capisco perché dobbiamo essere sempre noi insegnanti a pagare o a essere colpevolizzati.

Poi, sulla vicenda la professoressa conclude così, con queste parole rilasciate a Repubblica:

Posso capire che si possano fare delle bravate, ma bisogna prenderne atto, imparare dagli errori e soprattutto rendersi conto del male che le proprie azioni possono provocare negli altri. Quello che mi ha delusa e indignata è che nessuno mi ha mai chiesto scusa. Nessuno dei ragazzi, nessuno dei genitori, pochissimi colleghi mi hanno dimostrato solidarietà. Tutto è proceduto come se nulla fosse accaduto, ma io invece mi sono sentita sola e abbandonata. Le uniche scuse arrivate sono state tramite la preside, a condizione che ritirassi la denuncia.