Quando va in pensione un prete? Chi paga le pensioni dei preti? I preti hanno il diritto alla pensione, come ogni lavoratore. Nessuna distinzione in questo ambito, sebbene vi siano regole specifiche diverse che variano in base alle circostanze. Analizziamo nel dettaglio le principali regole pensionistiche applicate ai preti

Pensione anticipata preti 2023

Il sistema previdenziale pensionistico italiano prevede un calcolo per la pensione dei preti, che non segue le regole di pensionamento ordinarie. Tuttavia, anche in questo caso, è necessario soddisfare diversi requisiti anagrafici e contributivi.

Va chiarito, fin da subito, che il rilascio del trattamento previdenziale è subordinato alla presenza dell’iscrizione nel Fondo Clero amministrato dall’INPS. Si tratta di un fondo che funziona in modo diverso rispetto a quelli previsti per i lavoratori.

La liquidazione del trattamento economico previdenziale segue uno schema diverso, ad esempio l’accumulo contributivo segue una misura fissa e non considera la percentuale sulla base della remunerazione mensile percepita.

 Quando va in pensione un prete?

Il trattamento previdenziale dei preti prevede l’erogazione di una rendita fissa mensile. L’Ente nazionale della previdenza sociale rilascia un assegno corrispondente all’importo del trattamento minimo, comprensivo di maggiorazioni e rivalutazioni.

Per il 2020 la rendita ha subito una maggiorazione pari a 5,94 euro.

È importante sottolineare che la maggiorazione viene applicata per ogni anno dopo un accumulo contributivo di 20 anni.

Inoltre, l’aumento viene riconosciuto anche dopo il perfezionamento dei requisiti previsti per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Attualmente, la soglia per il diritto al trattamento prevede più di 69 anni di età.

Il Fondo Clero è stato istituito nel 1973. I preti possono andare in pensione attraverso il trattamento di vecchiaia, a condizione che venga soddisfatti i requisiti anagrafici e contributivi. Infatti, i preti ottengono la pensione di vecchiaia a 68 anni di età e 20 anni di contributi.

Tuttavia, i preti possono richiedere l’accesso alla pensione anticipata, se maturati 65 anni di età e 40 anni di contributi. È importante sottolineare che con l’adeguamento all’aspettativa di vita, il requisito anagrafico viene aumentato di 4 mesi ogni biennio.

 Chi paga le pensioni dei preti?

L’Ente nazionale della previdenza sociale gestisce il Fondo pensionistico del Clero. Questo significa che i religiosi, per maturare il diritto alla pensione, versano i contributi previdenziali regolarmente

L’importo dei contributi mensili è pari a 147,42 euro, per un totale annuo pari a 1.769,06 annui.

Per il 2023 non sono si registrano variazioni in aumento. Queste condizioni sono state stabilite il 19 maggio 2022, con il decreto del Ministero del Lavoro unitamente a quello delle Finanze.

L’INPS attraverso il Fondo del clero provvede a distribuire diversi trattamenti economici in favore dei preti, come la pensione di vecchiaia, le prestazioni ai superstiti e la rendita di invalidità. Tuttavia, viene escluso il l’assegno ordinario di invalidità e il riconoscimento della pensione di inabilità.

La pensione prevista dal Fondo clero

L’INPS procede alla liquidazione della pensione in favore dei preti, considerando l’accumulo contributivo versato nel Fondo Clero.

Il trattamento previdenziale viene erogato in favore dei ministri del culto e degli altri credi religiosi che non rientrano nel culto cattolico.

Si tratta della contribuzione versata in un fondo speciale amministrato dall’Ente nazionale della previdenza sociale.

L’iscrizione al suddetto fondo avviene a partire dall’ordinazione sacerdotale o dal momento del ministero di culto, e resta valida fino all’accesso alla pensione di vecchiaia o di altro trattamento previdenziale.

In conclusione, i preti possono andare in pensione a 65 anni di età, se maturati almeno 40 anni nel Fondo Clero o, altrimenti restano le regole per la pensione di vecchiaia e altri trattamenti previdenziali previsti dalla normativa vigente.