Martedì prossimo arriverà, in Consiglio dei ministri, il nuovo ddl sulla sicurezza stradale voluto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Il disegno di legge mira a rendere ancora più stringenti le norme sui comportamenti da tenere alla guida introducendo, in particolare, importanti limitazioni per i neopatentati. La proposta, su cui il ministero è al lavoro da mesi, arriva dopo il tragico incidente provocato a Casal Palocco da un gruppo di influencer impegnati con una challenge che è costata la vita a un bambino di cinque anni.

Ddl sicurezza stradale, Cassaniti (AIFVS): “Le norme da sole non bastano. Anche le Istituzioni hanno le loro responsabilità”

Il nuovo ddl sulla sicurezza stradale è pronto ad approdare in Cdm. Il disegno di legge a cui il ministro Salvini lavora da mesi, in concerto con associazioni civiche e polizia stradale, sarà discusso infatti martedì 27 giugno. Tra le varie norme che saranno presentate, in particolare, la revoca definitiva della patente per chi sia stato trovato più volte alla guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe.

La redazione di TAG24 ha raggiunto Giuseppa Cassaniti, presidente dell’Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada (AIFVS) – nata nel 2000 per fermare la continua e silenziosa strage sulle nostre strade – per commentare i contenuti del nuovo decreto sulla sicurezza stradale.

Presidente Cassaniti, cosa pensa delle nuove norme in tema di sicurezza stradale presentate dal ministro Salvini?

“La nostra associazione parte da una visione diversa: nel Codice della strada le sanzioni già ci sono. Oggi noi dobbiamo porci dunque un altro problema: perché, nonostante le leggi, non si raggiunge alcun risultato?

Gli obiettivi europei per il decennio 2011-2020 avevano posto come obiettivo la riduzione del 50% degli incidenti stradali. Il nostro Paese si è fermato al 22.5%. Perché le istituzioni non hanno mai preso atto di questo fallimento, nonostante abbiano il compito di garantire la sicurezza sul territorio? Se nessuno si pone il problema della mancanza dei risultati significa che c’è una inadeguatezza da parte di tutti, specialmente sul versante della prevenzione.

Ritengo sia giusto ci sia una stretta sul Codice della strada. Ma c’è da dire che alcune misure, come l’alcol lock, erano già presenti nei regolamenti europei. Le leggi ci sono, ma rimangono inattuate. Il punto è avere una visione di insieme che consideri la connessione tra diversi elementi, ovvero l’informazione, la formazione, il coordinamento dei controlli, le infrastrutture, i veicoli e la mobilità sostenibile. Tutti questi aspetti devono concordare tra loro. Ripeto, sono d’accordo sul rafforzare le leggi, ma la priorità è mettere da parte il vergognoso permissivismo che c’è in Italia. Dobbiamo poi assumere la consapevolezza di altri aspetti”.

Quali, ad esempio?

“Esistono sanzioni pecuniarie, amministrative e penali che puniscono chi guida in stato di ebbrezza. La legge però prevede che si possa chiedere l’annullamento delle sanzioni connesse a questi reati, o che le pene possano essere convertite in lavori di pubblica utilità. E intanto però le famiglie portano addosso il peso della strage. Le racconto la storia di mia figlia Valeria..”

Prego.

“Mia figlia Valeria aveva 17 anni quando il 20 giugno del 1997 è stata uccisa. Quella tragica notte era uscita insieme a suo fratello e a un amico. Avevo detto io al fratello di portarla fuori, così da premiarla per gli ottimi risultati scolastici. Al ritorno i ragazzi, scendendo dalla macchina, sono stati travolti in pieno da una macchina a piena velocità. Mia figlia Valeria, scagliata violentemente contro il muro di casa, ha perso la vita. Il mio altro figlio invece ce l’ha fatta, seppur riportando un trauma cranico e varie ferite. L’amico che era con loro, infine, è sopravvissuto in coma.

Io e la mia famiglia abbiamo dovuto sopportare un dolore enorme. Ma non solo: abbiamo anche dovuto subire delle beffe nella gestione del processo. Chi era alla guida quella notte è stato infatti coperto da un’altra persona, ovvero il proprietario della macchina. Dunque una vera giustizia non c’è mai stata.

Io ho sempre rispettato le Istituzioni, anche perché sono stata tutta la mia vita un dirigente scolastico. Le cose però si fanno con serietà e, soprattutto, con la consapevolezza degli obiettivi da raggiungere”.

Come si ferma la strage nelle strade?

“Ripeto, io sono favorevole alle misure intraprese, ma dobbiamo chiarire che queste da sole non garantiscono il raggiungimento degli obiettivi. Fermare le stragi significa rispettare i valori e la vita, ma soprattutto le regole e la giustizia. Su questo serve un impegno importante anche di chi lavora nel mondo dell’informazione e della comunicazione.

Bisogna diffondere la consapevolezza che noi siamo una società democratica il cui sviluppo e la cui sopravvivenza sono legate all’osservanza delle norme. Occorre stigmatizzare i comportamenti, e farlo in maniera forte. Il permessivismo va messo da parte, e così la superficialità.

Pensiamo a quei ragazzi che per fare un video hanno ucciso un bambino. Non dobbiamo chiamarli giovani, ma giovinastri. Bisogna mettere in evidenza che hanno avuto un comportamento gravissimo. La trasgressione delle norme, quando si parla di incidenti stradali, deve essere considerata l’arma del delitto. Dire che una persona che correva in auto non voleva uccidere è sbagliato. Non si deve né correre né uccidere.

Noi viviamo in relazione con le norme, dobbiamo ricordarlo. Nel caso dell’incidente di Casal Palocco, ancor prima di capire la dinamica, dobbiamo dire che quella corsa non andava fatta. Senza se e senza ma. Come persone dobbiamo sapere che abbiamo dentro di noi dei limiti, che fanno parte dell’idea stessa di libertà. Senza gli uni non c’è l’altra. Per questo dobbiamo lavorare su quella mentalità che oggi ci dice che possiamo fare qualsiasi cosa. La libertà è un atto di decisione e di responsabilità, non può essere concepita al di fuori dell’etica”.

Lei prima diceva che l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento degli obiettivi europei in tema di sicurezza stradale. Neanche l’introduzione del reato di omicidio stradale nel 2016 ha contribuito a cambiare le cose?

“Come le dicevo prima, se rimaniamo sul piano del permissivismo niente cambierà. Noi abbiamo sostenuto la legge 41 del 2016 per aumentare le pene e per cambiare quella mentalità per cui il reato di omicidio stradale veniva banalizzato.

Ma poi c’è la triste realtà. Da Cuneo mi è stato comunicato l’arrivo della sentenza per la morte di due ragazze a causa di un’altra giovane che ha invaso la loro corsia a 140 km all’ora. Ebbene, la sentenza ha deciso una pena a tre anni di lavori di pubblica utilità, prevedendo quattro anni di sospensione della patente. Mi dica lei se questa è una pena. E potrei raccontare di altri casi.

Quando accade un incidente, noi come AIFVS ci costituiamo parte civile per difendere l’interesse collettivo e assistere le famiglie delle vittime. Ogni volta che vedo pene cancellate o diminuite veramente non riesco a crederci. Il garantismo imperniato sull’imputato e sul favor rei non considera la vittima, che dovrebbe essere messa al primo posto, come dice anche la direttiva 2012/29 dell’Unione Europea. Di fatto il reato di omicidio stradale è spesso minimizzato”.

C’è ancora tanta strada da fare, dunque..

“ Sì, e sui vari versanti: informazione, formazione, coordinamento tra le istituzioni e soprattutto il controllo. Va bene rafforzare le leggi, ma poi si devono mettere in pratica. In tema di sicurezza stradale le istituzioni devono porsi degli obiettivi chiari e poi misurare i progressi. Se questi non ci sono, come ora, bisogna che si prenda atto dei pessimi risultati raggiunti. Non si può parlare e basta. Ogni giorno in Italia muoiono 9 persone e 661 sono ferite a causa di incidenti. La strage stradale è come una pandemia”.

Avete avuto qualche incontro con le istituzioni?

“Sì. A marzo mi hanno invitata, insieme ad altre associazioni, al ministero delle Infrastrutture per il tavolo sulla sicurezza stradale con il ministro Salvini. Qui ho consegnato il manifesto che noi di AIFVS abbiamo redatto per la sicurezza e la prevenzione. La nostra proposta fondamentale è di istituire un’autorità centrale interministeriale che abbia la responsabilità della gestione della sicurezza. Ci vuole infatti un’organizzazione che diriga verso il raggiungimento degli obiettivi.

Le stragi stradali sono infatti legate sia all’intervento di chi guida sia al controllo delle istituzioni. La responsabilità, soprattutto della prevenzione, è una responsabilità condivisa. Anche le istituzioni, se non riescono a garantire la sicurezza sul loro territorio, devono essere sanzionate. Come si sanzionano gli utenti si deve infatti sanzionare anche lo Stato, soprattutto se le risorse destinate alla prevenzione non vengono utilizzate correttamente o se gli obiettivi non sono raggiunti.

Il cambiamento culturale serve da parte di tutti. Con questo non dico che il ministro Salvini stia facendo male, ma la priorità è sovvertire il permissivismo che regna nella nostra società. Pensiamo anche alle sanzioni: noi avevamo puntato sul fatto di togliere i punti dalla patente. Ma che senso ha ridare indietro i punti levati? La patente non è un fatto naturale, ma una autorizzazione acquisita che si può mantenere finché si rispettano le norme. Se si trasgredisce si deve avere la consapevolezza che i punti non saranno restituiti. Questa è solo una delle proposte che abbiamo fatto. Ne abbiamo diverse, chiediamo siano ascoltate.

Pochi giorni fa è stato l’anniversario della morte della mia Valeria. Lei è dentro di me, mi dà la forza per provare a migliorare questo mondo. Il suo sacrificio e quello di tanti altri non può essere stato inutile. Dobbiamo fare di tutto perché questa strage continua finisca”.