L’ossigeno disponibile per i passeggeri a bordo del sottomarino Titan è finito. Parlano chiaro le stime della Guardia Costiera americana, che aveva ipotizzato che la scorta sarebbe terminata intorno alle 13:18 di oggi, ora italiana. Da pochi minuti, insomma, i cinque membri dell’equipaggio del piccolo mezzo di trasporto scomparso non hanno più riserve per respirare.
Nonostante la corsa contro il tempo sembri non dare più speranze, le ricerche proseguono senza sosta. Nelle operazioni è coinvolto un autentico spiegamento di forze: diverse navi e persino un robot da ricognizioni marine. Si tratta di un’impresa disperata: l’area in cui si è smarrito il Titan è molto vasta.
Sottomarino Titan, l’ossigeno è finito: speranze ridotte al lumicino
Le speranze di trovare vivi i cinque passeggeri sono ormai ridotte al lumicino. A nulla è servito mettersi alla ricerca dei rumori sottomarini captati sia ieri, mercoledì 21 giugno, che martedì, da un aereo canadese equipaggiato per la sorveglianza subacquea.
A bordo del mezzo ci sono il milionario britannico Hamish Harding, 58 anni, e il businessman pakistano Shahzada Dawood, 48enne, accompagnato dal figlio Suleman, 19 anni. Completano l’equipaggio l’esperto pilota di sommergibili francese Paul-Henri Nargeolet e Stockton Rush, patron di OceanGate, azienda proprietaria del Titan.
I soccorritori avevano puntato tutto sull’esperienza di Nargeolet: l’ex sub dovrebbe conoscere il protocollo per allertare i team. Tale protocollo impone di far rumore per tre minuti ogni mezz’ora. Potrebbero essere proprio dovuti a lui i rumori captati negli ultimi giorni. Sul tavolo, tuttavia, l’ipotesi che si trattasse di rumori provenienti da fonte naturale.
Finora le navi al lavoro hanno setacciato 25.900 km quadrati di oceano, un’area grande quanto il Massachusetts o il Libano. Da oggi è entrata in gioco anche la nave francese Atlante, dotata di un robot sottomarino, il Victor 6000.
Tuttavia, anche qualora si riesca a localizzare il Titan disperso, tirarlo fuori dall’acqua sarebbe comunque un’impresa. Servirebbero degli equipaggiamenti speciali, per la pressione e l’oscurità legate alla profondità degli abissi marini.