Si è tornati ad indagare sulla morte di Liliana Resinovich, la 63enne trovata senza vita, a Trieste, il 5 gennaio del 2022, a circa un mese dalla sua scomparsa: nelle scorse ore gli inquirenti avrebbero sequestrato i telefoni cellulari del marito, Sebastiano Visintin, e dell’amico, Claudio Sterpin, suo presunto amante. L’obiettivo è condurre nuovi accertamenti, come disposto dal gip, e fare luce su quanto accaduto alla pensionata che, secondo la Procura, si sarebbe suicidata dopo essersi allontanata volontariamente dalla propria abitazione.

Caso Liliana Resinovich: sequestrati i telefoni cellulari del marito e dell’amico

A qualche giorno dall’udienza in cui, lo scorso 5 giugno, si era tornati a discutere sul caso di Liliana Resinovich, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste, Luigi Dainotti, aveva deciso di riaprire le indagini riguardanti la morte della 63enne, accettando le opposizioni dei familiari alla richiesta di archiviazione dell’inchiesta avanzata dalla Procura. Chi conosceva la donna, scomparsa nel dicembre del 2021 e poi trovata morta, a gennaio, nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni, nel Triestino, è convinto che sia stata sequestrata e uccisa da qualcuno (e non, come aveva ipotizzato il procuratore, che si sia tolta la vita dopo essersi allontanata volontariamente e aver vagato per più di 20 giorni nell’area in cui sarebbe stata trovata).

Si prosegue, quindi, con le indagini. Nelle scorse ore, gli inquirenti avrebbero sequestrato i telefoni cellulari del marito, Sebastiano Visintin e dell’amico, Claudio Sterpin. Quest’ultimo, fin dall’inizio, sostiene di aver avuto con la donna una relazione extraconiugale e di averla incontrata per mesi, fino al giorno della scomparsa, in diversi luoghi: una cantina e una soffitta appartenente ad alcuni amici in comune, ma anche un furgone.

Era una nostra base, talvolta Lilly e io ci incontravamo anche in quel Volkswagen in via Fianora. Oppure la prendevo con me a bordo e lei si sedeva sul sedile dietro per non farsi vedere. E andavamo in giro. Nella cantina e nella soffitta, invece, portavamo da bere. Era un modo per stare lontano dagli occhi degli altri,

ha dichiarato negli scorsi giorni. L’uomo sostiene che Liliana avrebbe voluto mettere fine al suo matrimonio per stare con lui e construirsi insieme una nuova vita. Dal canto suo, il marito ha sempre smentito queste dichiarazioni, sottolineando che tra lui e la moglie non c’erano problemi. I nuovi accertamenti sui dispositivi di entrambi serviranno, con molta probabilità, a chiarire questi e altri aspetti della vicenda. L’ipotesi di reato della nuova inchiesta è di omicidio volontario a carico di ignoti.

I 25 punti da chiarire sulla vicenda, secondo quanto disposto dal gip

Sono 25, in totale, i punti ancora da chiarire sulla vicenda, secondo quanto sottolineato dal gip nella sentenza con cui ha disposto la riapertura delle indagini. Oltre all’analisi delle tracce di Dna rinvenute sugli slip della vittima e su una bottiglietta trovata a poca distanza dal suo cadavere – tracce che saranno confrontate con quelle appartanenti a persone a lei vicine e particolarmente coinvolte nell’inchiesta, tra cui anche il marito e l’amico “speciale” – si procederà con una nuova autopsia.

Il corpo di Liliana, quindi, sarà riesumato. E un super pool di esperti lo analizzerà per accertare “le lesioni riscontrate, la loro origine, il mezzo che le ha prodotte, la datazione (mai stabilita con certezza dal precedente esame autoptico e di fondamentale importanza, ndr), e ogni altro elemento utile a qualificare il decesso quale conseguente di un’azione suicidaria o di un fatto attribuile a terzi”. Un modo per fare chiarezza, quindi, sulle cause e le modalità del decesso della 63enne, finora attribuito ad asfissia (per via dei sacchetti di plastica in cui era avvolta la testa al momento del ritrovamento). Il fratello Sergio e la nipote Veronica, che, insieme al marito di Liliana, si erano opposti alla richiesta di archiviazione, sperano finalmente che possa essere fatta giustizia.