La storia di Emanuela Orlandi e della sua scomparsa è una storia di segreti, misteri, congetture, false verità, che da quarant’anni la fa da padrone nelle pagine di cronaca, attirando, di volta in volta, giustizieri, curiosi e mitomani. Tutto è iniziato il 22 giugno del 1983. Emanuela viveva con la sua famiglia in Vaticano e aveva appena 15 anni quando, dopo essere uscita di casa per recarsi a una lezione di musica in piazza Sant’Apollinare, a due passi da Piazza Navona, a Roma, sparì nel nulla. Era nata il 14 gennaio 1968. Di lei, da allora, si sono perse le tracce.

Emanuela Orlandi, la storia: la scomparsa e le prime indagini

Poco prima che sparisse, Emanuela aveva telefonato a casa da una cabina telefonica: a risponderle era stata una delle sorelle, Federica. Le aveva detto che avrebbe rincasato in serata per via di un ritardo dei mezzi pubblici, accennando a un’offerta di lavoro ricevuta nel pomeriggio. Un estraneo, aveva raccontato, le aveva proposto circa 370mila lire per un’attività di volantinaggio legata all’azienda di cosmetici Avon. Un dettaglio su cui, più avanti, si sarebbe soffermata anche una delle amiche della ragazza scomparsa, per tempo “messa a tacere”.

Emanuela Orlandi
Emanuela Orlandi (foto di Ansa)

Intorno alle 19.30, invece di salire sull’autobus come le sue compagne, Emanuela si era attardata in Corso Rinascimento, forse proprio per avere un colloquio con l’estraneo citato poco prima. È lì che viene avvistata per l’ultima volta. Non vedendola rincasare, i familiari si preoccupano, passando al setaccio i numeri di telefono dei suoi conoscenti. Nessuno sembra sapere dove si trovi. I poliziotti, però, dicono al fratello Pietro, che si reca in Commissariato, che è ancora troppo presto per sporgere denuncia: la ragazza potrebbe essersi allontanata volontariamente e potrebbe ancora fare ritorno.

Non succede. Il giorno successivo, il 23 giugno, i suoi parenti si recano presso l’Ispettorato Generale del Vaticano. La città viene tappezzata di volantini che recitano: “Emanuela Orlandi. Anni 15, alta metri 1,60 è scomparsa”. La foto che accompagna il testo è destinata a diventare famosa e ritrae Emanuela con una fascetta tra i capelli neri. Sono i primi momenti di un mistero lungo 40 anni.

Papa Wojtyla e la pista del rapimento

Le prime indagini – che si concentrano sul ruolo dell’estraneo citato dalla 15enne nel corso della telefonata avuta con la sorella – non portano a niente. Ben presto la vicenda assume tutt’altra piega. Il 3 luglio 1983, durante l’Angelus in piazza San Pietro, papa Wojtyla dedica alcune parole alla ragazza.

Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità di questo caso,

dice. Le sue parole suonano come un appello ai presunti rapitori della ragazza. Per la prima volta non si parla di “scomparsa”. Per la prima volta il Vaticano si mostra legato a questa storia. Pochi giorni dopo, in effetti, un uomo dal forte accento anglosassone (rinominato l’Americano) telefona alla sala stampa vaticana: sostiene di tenere in ostaggio Emanuela. Sarà lasciata libera, dice, in cambio della scarcerazione di Mehmet Ali Ağca, l’uomo che, qualche anno prima, aveva sparato al Papa. Sul caso si allunga l’ombra del terrorismo internazionale.

L’organizzazione di estrema destra turca Lupi Grigi (quella di Ağca) sostiene anche di essere coinvolta nel caso di Mirella Gregori, la ragazza di 15 anni scomparsa, sempre a Roma, appena un mese prima di Emanuela. Tutto si complica. La pista viene indagata e poi smentita: le dichiarazioni di Ağca sono ritenute “inattendibili”. E mentre quella si chiude, se ne apre un’altra: quella che ha a che fare con la Banda della Magliana. Nel corso di una puntata della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” un utente anonimo telefona, dicendo che, per risolvere il caso, bisognerebbe indagare su un certo Enrico De Pedis, sepolto, per volere del cardinal Ugo Poletti, nella basilica di Sant’Apollinare.

De Pedis, detto “Renatino”, era stato uno degli storici boss della Banda romana. Nella sua tomba gli inquirenti non trovano niente. Ma l’ex fidanzata, Sabrina Minardi, dice cose importanti: sostiene di aver preso parte, insieme al compagno, ai primi momenti del rapimento di Orlandi. E afferma che la ragazza sarebbe stata consegnata a un prelato nei pressi di un distributore di benzina vicino alle mura aureliane. Sarebbe stata usata, in pratica, come “merce di scambio” in una trattativa tra la Banda e lo Ior, che amministra il denaro vaticano. Anche le sue dichiarazioni, nel tempo, vengono accantonate come “inattendibili”.

Gli audio “shock” e le ultime notizie sulla scomparsa di Emanuela Orlandi

Nel 2015 l’inchiesta viene archiviata. Nel frattempo, tra una pista e l’altra, c’era chi aveva sostenuto di essere “informato dei fatti” (come il famoso Marco Accetti, ritenuto, alla fine, solo un “mitomane”) e chi era convinto di aver avvistato la ragazza da qualche parte nel mondo (una delle segnalazioni faceva riferimento, ad esempio, ad un convento in Lussemburgo). Con la chiusura delle indagini il caso si arena.

Nel 2019 arriva una svolta. Una lettera anomina indica agli inquirenti di cercare il corpo di Emanuela “dove indica l’Angelo”, all’interno del Cimitero Teutonico. Le tombe sono vuote; più in profondità, però, nel terreno, vengono ritrovate 26 ossa: le analisi dimostrano che non appartengono alla giovane scomparsa. Nel 2020 l’inchiesta viene di nuovo archiviata.

Solo di recente, dopo i vari buchi nell’acqua, si è tornati ad indagare. Sul caso stanno lavorando, parallelamente, il Vaticano e la procura di Roma. Lo Stato sta invece vagliando la possibilità di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta, la cui discussione, però, si è bloccata al Senato. In occasione dei 40 anni dalla scomparsa, il fratello di Emanuela, Pietro, che si è sempre battuto per portare a galla la verità, ha organizzato un sit-in (si terrà il prossimo 25 giugno). Di recente hanno scatenato le polemiche le sue dichiarazioni su Wojtyla: dichiarazioni estratte da un audio attribuito a Marcello Neroni, ex sodale di De Pedis, in cui si parlava di Emanuela come di una vittima di un traffico di pedofilia nella Chiesa.

È una delle piste che i familiari della ragazza scomparsa non hanno mai abbandonato, come la famosa “pista inglese”. Quale che sia la più attendibile, la speranza è che la storia di Emanuela Orlandi possa ottenere, finalmente, la giustizia che merita.