È un tema che ciclicamente torna in auge portando, con sé, un cumulo importante di tensioni ed apprensioni. Stiamo parlando del Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio conosciuto come Mes. Uno strumento europeo concepito nel 2012, modificato nel 2020 durante la pandemia da Covid 19, creato per ammortizzare la crisi bancaria e del debito.
L’origine del male
Il Mes è tornato all’attenzione generale proprio nel 2020 quando l’Unione Europea s’è messa a lavoro per la creazione di strumenti che fossero in grado di aiutare gli stati membri a fronteggiare la crisi, prima sanitaria e poi economica, innescata dal Covid. Da allora il dibattito pubblico, scandito da fasi acute ad altre di rilascio, è stato molto serrato e divisivo. Ricordiamo, ad esempio, lo scontro tra Giuseppe Conte – allora Premier – e le opposizioni, tra le quali c’era proprio Giorgia Meloni che aveva accusato l’Italia di aver ratificato il Mes dalla notte al giorno senza consultazione parlamentare. Fu il motivo per cui Conte usò la poi celebre espressione: “Questo governo non lavora con il favore delle tenebre”. Da allora il mood del dibattito non si è modificato e guai a dire Mes: un argomento, ancora oggi, in grado di creare grosse divisioni. Finanche, nell’attuale maggioranza.
Testa a testa Giorgetti-Meloni
C’è che Giorgia Meloni, seppure abbia ampiamente modificato gran parte delle sue posizioni per sincronizzarle al nuovo ruolo istituzionale, rimane contraria al Mes. Così come lo è la Lega ed un pezzo di Forza Italia: i patrioti d’Italia non ci stanno e dicono no ad uno strumento che – a detta loro – comporterebbe grandi complicazioni economiche per via del fatto che i fondi ottenuti dovranno poi essere restituiti con un certo livello di tassi di interesse. Non è d’accordo Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, che nella giornata di ieri ha inoltrato una relazione tecnica alla presidenza del Consiglio per illustrare i benefici di un piano già ratificato da un gran numero di paesi europei. La lettera del Ministero di Economia e Finanza dice:
Con riferimento a eventuali effetti indiretti, in linea generale questi appaiono di difficile valutazione. Essi potrebbero astrattamente presentarsi qualora le modifiche apportate con l’accordo rendessero il Mes più rischioso e quindi maggiormente probabile la riduzione del capitale versato o la richiesta di pagamento delle quote non versate nel capitale autorizzato. Ciò premesso, non si rinvengono nell’accordo modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio legato a suddetta istituzione. Inoltre, non si ha notizia che un peggioramento del rischio del Mes sia stato evidenziato da altri soggetti quali le agenzie di rating, che hanno invero confermato la più alta valutazione attribuitagli anche dopo la firma degli accordi sulla riforma.
E poi:
Sulla base di riscontri avuti da analisti e operatori di mercato, è possibile che la riforma del Mes, nella misura in cui venga percepita come un segnale di rafforzamento della coesione europea, porti una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia. Quanto questo comporti in termini di possibile riduzione del costo di indebitamento del nostro Paese è, tuttavia, molto difficile da prevedere ex ante.
Palla avanti e opposizioni
Giorgia Meloni butta palla avanti e prende tempo. Per lei la situazione non cambia: no al Mes a meno che non ne venga modificata la struttura. Uno stallo tra Premier e Ministero che mette in imbarazzo l’esecutivo e presta il fianco alle opposizioni che ne insorgono e ne denunciano le contraddizioni: “Governo in confusione” dicono da Azione; “Confusione perpetua” il commento di Fratoianni. Dal Partito Democratico insistono sulla ratifica per non intaccare la credibilità dell’Italia agli occhi dei paesi membri. Giuseppe Conte, sui suoi canali social, parla di un governo allo sbando.