Il reato di tortura è stato introdotto in Italia nel 2017. Da allora – ma potremmo dire già da molto prima – ha fatto discutere l’intero paese, emergendo come uno dei temi più divisivi tra gli elettori. Il centrodestra, oggi al governo dopo aver vinto le elezioni dello scorso settembre, si è più volte scagliato contro questa normativa.

Il motivo è presto detto: il reato, voluto da un governo di centrosinistra e passato anche con i voti di Alternativa Popolare, è stato in più di un’occasione negli anni contestato a diversi membri delle forze armate, accusati di aver esagerato nell’esercizio della violenza concesso dal nostro ordinamento.

E in effetti, in uno stato condannato dalla Corte di Strasburgo per quanto accaduto a Genova in occasione del G8 del 2001, in quello del pestaggio all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere allo scoppiare dell’epidemia da Covid19, o ancora in quello degli abusi all’interno della questura di Verona, quantomeno il dubbio che ci sia una falla nel sistema repressivo nazionale sovviene.

A supportare questo tipo di tesi interviene poi anche l’attività legislativa. A marzo scorso, infatti, la deputata Imma Vietri, in quota al primo partito del paese, Fratelli d’Italia, ha proposto un disegno di legge che prevede proprio l’abolizione del suddetto reato. In particolare, il testo presentato a Montecitorio indica l’abrogazione degli articoli 613-bis e 613-ter, quelli istituiti dalla legge n°110 del 2017. In quell’occasione, i deputati di FdI coinvolti affermarono che eliminare questa parte specifica del codice penale serviva ad evitare che finissero

nelle maglie del reato in esame comportamenti chiaramente estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico particolarmente delicate o la collocazione di un detenuto in una cella sovraffollata. Ad esempio, gli appartenenti alla polizia penitenziaria rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate”.
(da ANSA, 25/03/2023)

Reato di tortura, Donzelli (FdI) in esclusiva a TAG24 chiarisce la posizione del governo: “No all’abolizione, ma bisogna permettere alle forze dell’ordine di lavorare”

Sul tema, dopo il rifiuto a commentare dell’onorevole Vietri, è invece intervenuto direttamente il responsabile nazionale di Fratelli d’Italia, il deputato Giovanni Donzelli. Uomo di fiducia della premier Giorgia Meloni, Donzelli stempera le polemiche, affermando che: “La proposta di legge non è calendarizzata, perché non c’è la volontà di Fratelli d’Italia di eliminare il reato di tortura”. Per poi ribadire: “La tortura è un reato grave che nessuno vuole eliminare”.

Una risposta inequivocabile, che chiarisce in fondo anche il perché in parlamento non si sia proceduto in maniera tanto estrema, su un tema tanto controverso. Fratelli d’Italia, primo partito del paese, non è favorevole all’abrogazione del reato di tortura dal codice penale italiano. Abrogazione, tuttavia, avanzata da un parlamentare di quello stesso partito.

Donzelli, però, entra nel merito della questione, provando a spiegare questa contraddizione. E lo fa focalizzando l’attenzione sul ruolo delle forze dell’ordine, la cui tutela nell’esercizio delle loro funzioni rappresenta una priorità per il partito:
Dobbiamo far sì che gli agenti non si trovino sotto processo per aver fatto il proprio dovere. Poi dopo dieci anni di processo la giustizia gli dà anche ragione, ma nel frattempo hanno perso lo stipendio, si sono dovuti pagare gli avvocati”.

Donzelli procede poi con degli esempi, atti a chiarire meglio il punto di vista del governo: “La minaccia psicologica – aggiunge – è un aspetto che rischia di legare le mani alle forze dell’ordine quando non hanno fatto niente di male. Rischiamo che il poliziotto si giri dall’altra parte e non arresti uno spacciatore perché deve pensare a sopravvivere“.

Reato di tortura, Donzelli (FdI) in esclusiva a TAG24 risponde alla Cucchi: “Dispiace per quello che ha vissuto, ma sbaglia”

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La conversazione si sposta poi sul commento alle parole di Ilaria Cucchi, che proprio a a Tag24.it si era lasciata andare a una difesa accalorata del reato di tortura. Secondo la senatrice di Sinistra Italiana, questa legge è a tutela sì delle possibili vittime, ma va a proteggere anche gli agenti di polizia stessi.

È in quest’ottica, infatti, che Ilaria Cucchi ha rivendicato il suo primo atto in qualità di parlamentare, cioè la richiesta di istituire i codici identificativi sulle divise delle forze dell’ordine. Donzelli, però, si dice in disaccordo con questa tesi, affermando: “Cucchi sbaglia. Mi dispiace per quello che ha vissuto. Ma non è che abbia per forza ragione perché ha vissuto una tragedia familiare. Può anche sbagliare”.

Incalzato dalle domande circa l’esistenza di un problema sistemico, in Italia, sulla violenza di Stato, spiega anche perché non sia d’accordo con quanto affermato dalla senatrice Cucchi: “In Italia abbiamo due problemi sistemici: le forze dell’ordine hanno bisogno di più risorse e di maggior personale. Ma serve anche maggior rispetto per i nostri agenti. Singoli casi non devono far abbassare la fiducia nello stato e nelle forze dell’ordine.” E poi chiude, ribadendo un’ultima volta: “Chi lo fa sbaglia.”

Insomma, che il centrodestra abbia ancora un conto aperto con il reato di tortura così com’è normato dalla legge n°110 del 2017, sembra essere abbastanza evidente. L’onorevole Giovanni Donzelli, però, ha specificato in maniera precisa la posizione dell’attuale governo, chiarendo la posizione fermamente contraria di Fratelli d’Italia alla sua totale abrogazione.

Dopo una tale dichiarazione sembra, dunque, difficile che la proposta di legge firmata dalla collega di partito Imma Vietri, insieme ad altri deputati, possa effettivamente mai vedere la luce. Resta invece più probabile che in futuro, “con calma e serenità”, come dice lo stesso Donzelli, potremo leggere un testo diverso, che non prevederà l’abrogazione completa degli articoli 613-bis e 613-ter, ma degli appositi emendamenti che vadano nella direzione di quanto abbiamo ascoltato. A quel punto allora, se e quando si arriverà a una nuova proposta, sarà interessante entrare di nuovo nel merito, per capire quanto la normativa vigente potrà essere effettivamente stravolta. Staremo a vedere.