In Italia c’è una domanda, retorica e seccata, che risuona troppo spesso nei corridoi degli ospedali e delle cliniche del nostro sistema sanitario: «Ma quanto costa?!». In effetti, l’ultimo rapporto di Eurispes ed Enpam dimostra come ormai un quarto degli italiani sia messo in seria difficoltà dal costo delle prestazioni sanitarie.

A questo si aggiunga che la sanità pubblica non riesce molto spesso ad organizzare le visite rapidamente, costringendo gli utenti a biblici tempi d’attesa e, di conseguenza, a rinunciare alla prestazione medica o a rivolgersi ad istituti privati. In questo modo però, denuncia l’Eurispes, «curarsi diventerà sempre di più una questione di censo».

Se il sistema sanitario nazionale non sarà messo in grado di programmare e poi assorbire le necessarie professionalità, le case e gli ospedali della comunità rimarranno vuote, mentre la crisi del decisivo comparto della medicina generale si avviterà ulteriormente, gli ospedali continueranno a degradarsi, l’universalità della sanità pubblica continuerà a deperire, si apriranno ulteriori autostrade per la sanità privata e curarsi diverrà una questione di censo.

Ammonisce l’istituto nel suo recente report.

Il 33% degli italiani deve rinunciare alle cure per costi troppo alti o tempi d’attesa troppo lunghi

Costi alti, indisponibilità delle strutture, tempi d’attesa inaccettabili. Questi i motivi per cui il sistema sanitario italiano costringe sempre più cittadini, oltre il 33% secondo l’Eurispes, a rinunciare alle cure.

Il problema è particolarmente diffuso al sud e nelle isole, ma è percepito distintamente in tutta Italia. Il rapporto dimostra come i nostri concittadini spendano di tasca proprio quasi 40 miliardi di euro all’anno per poter accedere a farmaci e prestazioni (con ticket) fondamentali alla propria salute.

Ma i problemi non finiscono qui. Oltre a costare un occhio destro, le cure sono sempre più spesso lontane: ogni anno sono molti i cittadini italiani che devono rivolgersi a strutture ospedaliere pubbliche di altre regioni per accedere alle visite di cui hanno bisogno. Nel 2018 sono stati ben 1,5 milioni gli italiani costretti ad uscire dalla propria regione per curarsi.

Il problema è rilevante soprattutto al centro-sud, dove la mobilità obbligata dei pazienti crea tutta una serie di effetti negativi a cascata. Infatti, come evidenza Eurispes, la cessione di pazienti ai sistemi sanitari di altre regioni

determinano una ulteriore difficoltà in budget sanitari già compressi dai piani di rientro. All’opposto, le Regioni che erogano molte prestazioni a cittadini non residenti possono contare su di un over-budget che rende possibile investimenti in strutture e personale, di cui beneficiano in primo luogo i cittadini residenti.

Dunque, se il sistema sanitario della Lombardia più godere di un florido conto con un salto positivo di quasi 809 milioni di euro, quello della Campania chiude in rosso con un deficit di più di 302 milioni.

In Italia i medici sono pagati meno che nel resto d’Europa

Insomma, tra sanità poco accessibile, strutture mediche che chiudono per sempre – paradigmatico è il caso del reparto di ostetricia chiuso al Cristo Re di Roma – e costi stellari, i cittadini italiani sono sempre in maggiore difficoltà.

Ma nel sistema sanitario italiano, i pazienti non sono gli unici a dover stringere i denti. Il nostro Paese figura agli ultimi posti per quanto riguarda la remunerazione dei medici e degli infermieri. In Italia, un medico ha un reddito pari a 2,4 volte quello medio del Paese, mentre il Gran Bretagna il rapporto sale a 3,6, in Germania a 3,4, in Spagna a 3,0, in Belgio a 2,8.