Chi è Piercamillo Davigo l’ex componente del Consiglio superiore della Magistratura. accusato di rivelazione del segreto d’ufficio in merito ai verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria.
Davigo nasce il 20 Ottobre del 1950 a Candia Lomellina in provincia di Pavia, da padre rappresentante di commercio, madre impiegata nella società dei telefoni dell’epoca e nonno segretario comunale.
Si laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Genova ed è entra nella magistratura nel 1978, mentre l’Italia è in pieno tumulto per il rapimento e l’omicidio Moro, iniziando la sua carriera come giudice presso il tribunale di Vigevano.
In un primo momento svolge un periodo di uditorato con Emilio Alessandrini che verrà poi ucciso nel ’79 da Prima Linea e in seguito resta colpito da Francesco Saverio Borrelli con il quale cementa un’intesa duratura.
Con il tempo è diventato sostituto procuratore della Repubblica al tribunale di Milano, dove si è occupato per la prevalenza di reati finanziari, societari e contro la pubblica amministrazione, oltre che di riciclaggio. È stato, inoltre, Presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di Cassazione.
Nel Luglio del 2018 viene poi eletto membro del CSM per la componente dei magistrati con funzioni di legittimità, con 2 522 voti su 9 102 aventi diritto. Il 21 Ottobre del 2020 va in pensione, visto il compimento dei 70 anni di età grazie ad una legge approvata durante il governo Renzi che aveva anticipato il limite per la permanenza in magistratura.
Chi è Piercamillo Davigo: gli anni di Mani Pulite
L’ex magistrato italiano si fa conoscere all’opinione pubblica soprattutto tra il 1992 e il 1994 nella formazione titolare del pool Mani pulite insieme ad Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Francesco Greco. Nella ripartizione dei ruoli sviluppa tra gli altri il filone delle tangenti alla Guardia di Finanza, e riceve il compito di scrivere le centinaia di richieste di autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari.
Concluso il caso di Mani pulite, la seconda vita di magistrato di Piercamillo lo vede passare da pm a giudice (prima consigliere in Cassazione e poi presidente di sezione), e darsi all’impegno associativo, sino a presiedere per un anno l’Associazione nazionale magistrati in una nuova corrente che fonda uscendo da “Magistratura Indipendente” per dare vita a “Autonomia & Indipendenza” insieme a Sebastiano Ardita.
Proprio il collega ed ex amico che ora dovrà risarcire dei danni stimati dal Tribunale bresciano nelle divulgazioni in seno al Csm dei verbali di Amara, talvolta accompagnate da ammiccamenti alla possibilità di cautelarsi dal fatto che davvero Ardita potesse essere tra gli affiliati alla “Loggia Ungheria”, ossia un’associazione segreta che avrebbe la capacità di condizionare le nomine di incarichi pubblici e magistratura.
Secondo la ricostruzione dell’accusa infatti Davigo prese dalle mani del pm milanese Paolo Storari, assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato, i verbali segreti di Piero Amara, in cui l’ex avvocato esterno di Eni ha svelato l’esistenza della presunta associazione massonica.
Storari consegnò i verbali a Davigo, in pieno lockdown, a suo dire per autotutelarsi, di un freno messo alle indagini dai vertici del suo ufficio. Il difensore di Davigo, Francesco Borasi, ha già preannunciato appello contro la condanna.
Il ricordo della lapide di Potsdam
Davigo ha accolto il verdetto arrivato ieri con il pensiero ad uno dei suoi ricordi preferiti, la lapide che a Potsdam, città tedesca, ricorda il mugnaio che si era rifiutato di cedere a Federico II il suo mulino sul quale il sovrano voleva costruire un castello. L’uomo da questi minacciato, gli oppose il proverbiale: “Fate voi maestà, ci sarà un giudice a Berlino”.
E Davigo aggiunge:
“Perse la causa in primo grado, ma vinse in appello. E il mulino è ancora lì con la lapide”.