Mosse e contromosse, l’opposizione di governo in questa fase ci appare come un cantiere aperto. Nulla è definito, tutto è in fieri. È Elly Schlein a giocare il ruolo di queenmamaker, lo fa per conferire un nuovo posizionamento ad un PD ereditato qualche mese fa e, dopo le elezioni regionali e poi comunali, già in crisi. Il cambiamento è un percorso lento, dicono dal Nazareno, e non hanno mica tutti i torti. Ma la nuova segreteria ha un grosso compito: quello di dare equilibrio ad un partito che è, storicamente, eterogeneo. Un pluralismo interno che, dice qualcuno del PD criticamente, la Schlein starebbe negando nel tentativo di tracciare una linea di discontinuità con il passato.
L’apertura a Conte
È in questo scenario che Elly Schlein sta lavorando, non senza fatica, ad allargare il campo. Il che vuol dire, in primis, ricostituire l’asse giallorosso con il Movimento 5 Stelle. Parliamo dell’alleanza che diede vita al governo Conte II e che tenne botta anche nell’ambito del governo di unità nazionale nato con Mario Draghi ma che si sciolse, come neve, sotto il caldo sole della crisi di governo dell’estate 2022. La nuova Segretaria del Partito Democratico sta cercando di ripristinare un dialogo con l’universo pentastellato, sa che è imprescindibile se non si vuole condannare il centrosinistra ad altre debacle elettorali. Il centrodestra unito è numericamente irraggiungibile se si corre da soli. Lo ha ripetuto Elly Schlein anche durante la direzione nazionale tenutasi ieri in casa PD. E allora ecco la mano tesa a Giuseppe Conte. Anche con aperture importanti come quella di presenziare, qualche giorno fa, alla manifestazione organizzata dal Movimento 5 Stelle. Una scelta plaudita dall’inner circle schleiniano ma che ha creato qualche dissapore all’interno di altre aree del PD.
L’ossessione Renzi
Ma l’opposizione non è fatta solo di PD ed M5s. Ci sono i Verdi e Sinistra Italiana e c’è +Europa con cui non si ravvedono grosse difficoltà d’intesa: questo schieramento – con l’aggiunta di Patto Civico di Luigi Di Maio – si presentò unito alle ultime elezioni politiche. Poi c’è il Terzo Polo o ciò che ne rimane. Qui Schlein sta procedendo con un distinguo: apertura a Carlo Calenda – ma solo sui temi, non su una alleanza strutturale – e chiusura netta a Matteo Renzi. Nei confronti dell’ex Segretario dem, a ben vedere, Schlein pare avere una vera e propria ossessione tanto da averlo menzionato anche ieri nel suo intervento in direzione. L’attuale leader di Italia Viva ha risposto per le rime con un post social. Le sue parole:
Colpisce che durante la direzione nazionale del PD Elly Schlein senta il bisogno di attaccare proprio me. Il mio Pd provò a fare le riforme nonostante il fuoco amico e la violenta polemica interna. E provò a fare le riforme insieme alle opposizioni: Berlusconi venne al Nazareno per discutere seriamente tra avversari come si fa nei paesi civili. Non si mise il passamontagna per parlare delle brigate, non attaccò gli Stati Uniti d’America, non portò una piattaforma opposta a quella del PD come hanno fatto Grillo e Conte. Un consiglio a Elly? Non usi il mio nome per ricompattare i suoi, è un giochino che non funziona più. Parli del futuro se ne è capace. Sul passato, se vuole confrontarsi con i nostri risultati, prima prenda il 41% e poi ne riparliamo.
Renzi e Schlein si punzecchiano a distanza, lo fanno ormai da tempo. Forse perché sia uno che l’altra sperano di ricavarne un riposizionamento politico: il primo spera di attirare delusi dem nel suo partito – come accaduto, ad esempio, con Enrico Borghi – la seconda auspica di liberare il PD dagli ultimi residui di renzismo. Per un Partito Democratico sempre più a sua somiglianza.