A oltre tre mesi dalla morte di Andrea Papi, il 26enne ucciso da un orso mentre faceva running in Trentino, il padre è tornato a chiedere giustizia, rivolgendo un appello ai rappresentanti della Provincia autonoma di Trento. Sul caso del figlio, sostiene, non sono ancora state accertate le dovute responsabilità.

Più volte, dopo il decesso del giovane, l’uomo ha puntato il dito contro le istituzioni locali per la cattiva gestione del progetto “Life Ursus”, pensato per garantire il ripopolamento dell’orso bruno in natura. Continua, nel frattempo, il dibattito riguardante le sorti di JJ4, l’orsa coinvolta nell’aggressione che, secondo gli animalisti, dovrebbe essere portata in Romania.

Morte di Andrea Papi, le parole del padre alla Provincia autonoma di Trento

Questo messaggio è rivolto al Presidente della Provincia (Maurizio Fugatti, ndr) e a tutti gli organi istituzionali della Provincia di Trento,

recita il testo scritto dal padre di Andrea Papi e pubblicato nelle scorse ore dalla sorella del runner, Laura, sui social.

La famiglia Papi ha atteso circa tre mesi dalla tragedia di Caldes, con la morte attesa ed annunciata di Andrea, per avere le scuse pubbliche e morali non ancora arrivate. Ad oggi chiediamo ancora una volta ai responsabili di questa ignobile tragedia di spiegare come è potuto accadere una simile vicenda e quindi di chi sono le responsabilità dell’accaduto. Mettetevi una mano sul cuore, riflettete. Se fosse accaduto ad un vostro figlio? Come avreste reagito? Attendiamo risposte dalle persone citate in causa, e da chi la notte non dorme sonni sereni.

Nessuno, in pratica, avrebbe rivolto le sue scuse – o perlomeno la sua vicinanza – alla famiglia per quanto accaduto ad Andrea, in un rimbalzo di responsabilità continuo, che tutt’ora perdura. Secondo Carlo Papi non ci sono dubbi: la morte del figlio è da attribuire alle istituzioni locali, per il modo in cui hanno gestito il progetto che prevedeva il ripopolamento del territorio con diversi esemplari di orso bruno, negli anni sfuggito di mano, soprattutto a causa di una cattiva comunicazione.

Le sorti dell’orsa JJ4, coinvolta nell’aggressione

Dopo la morte del 26enne a Caldes sulla questione orsi si è parlato e detto molto, da più fronti. E sul destino dell’esemplare JJ4, quello coinvolto nell’aggressione, non si è ancora arrivati a una conclusione. Se ne era ordinato l’abbattimento, insieme agli altri animali ritenuti pericolosi. Ma le associazioni animaliste si sono opposte più volte, duramente, denunciando il comportamento “non sostenibile” della Provincia al riguardo e facendo ricorso al Tar, che ha sospeso la decisione fino al prossimo dicembre.

Nel frattempo, sono state avanzate diverse proposte. Tra le più accreditate c’è quella che prevede di spostare l’orsa nel santuario di Zarnesti, in Romania, un’area boschiva di 80mila metri quadrati che ospita già oltre 100 esemplari salvati dalla cattività.

Abbiamo depositato un piano dettagliato che consente di portare in salvo JJ4 oggi stesso senza alcun costo per la Provincia: è sufficiente la firma di Fugatti per dare avvio al procedimento,

ha fatto sapere, nelle scorse ore, Massimo Vitturi, responsabile della Lav (Lega Anti Vivisezione), Animali Selvatici. L’obiettivo è evitare che l’orsa venga uccisa. In questo modo, dopo essere stata liberata dal Centro di recupero fauna Alpina di Casteller – dove si trova attualmente – sarebbe trasferita nel santuario utilizzando un veicolo autorizzato al trasporto su lunga distanza, a bordo del quale viaggerebbe anche un’équipe di veterinari.

Ma si tratta di una proposta che molti esperti scoraggiano. Nicola Bressi, uno zoologo molto attivo sui social, ha definito la struttura individuata in Romania un “lager”, evidenziando come gli esemplari, all’interno del santuario, siano solo apparentemente “liberi”: si tratta di uno spazio ristretto, per così tanti animali, che riescono a convivere tra loro solo dopo essere stati castrati. A riportarlo è Repubblica.