Smart working, ecco cosa cambia con la proroga fino al 31 dicembre 2023 per il settore privato, prevista dalla conversione in legge del decreto “Lavoro”. È un mosaico di regole, nelle quali intervengono anche gli accordi che le imprese stipulano direttamente con i propri dipendenti, e quanto prevede la legge 81 del 2017. C’è da tener presente, invece, che la partita dello smart working e del lavoro agile è ancora tutta aperta per i lavoratori dipendenti della Pubblica amministrazione per i quali, la conversione del decreto legge, potrebbe prevedere una mini-proroga di due o tre mesi a partire dalla scadenza del prossimo 30 giugno.

Smart working, quando si può richiedere?

Smart working, vari i cambiamenti per i lavoratori del settore privato dopo la proroga annunciata con la conversione in legge del decreto “Lavoro” fino al 31 dicembre 2023. La proroga stessa consolida varie regole che sono arrivate a disciplinare la materia nel tempo, a cominciare dalla necessità o meno di un accordo collettivo. Tale accordo non è previsto dalla legge 81 del 2017, ma nel Protocollo firmato successivamente, nel dicembre del 2021, in piena pandemia. Le parti sociali possono concordare alcune linee guida da inserire negli accordi collettivi: si tratta di una soluzione che va incontro alle differenti esigenze del panorama delle aziende private italiane. Ciò che può essere importante per un’azienda in tema di lavoro a distanza, può non esserlo per un’altra, e così via.

Pertanto, se vi è un accordo collettivo, il patto tra l’azienda e i lavoratori per lo svolgimento dello smart working è soggetto sia alla legge 81 del 2017 che all’accordo stesso. Altrimenti, se non vi è un accordo collettivo, è solo la legge a regolare il lavoro a distanza.

Tutto ciò che c’è da sapere sulla proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2023

Importante, ai fini del regolare svolgimento dello smart working, è la situazione soggettiva dei lavoratori che svolgono la mansione a distanza. Durante la fase di pandemia, era necessario inviare un semplice messaggio di posta elettronica al datore di lavoro per rendere vincolate la disciplina dello smart working. Con la fine dell’emergenza sanitaria, questa regola è stata messa da parte, dando spazio a un accordo via via più strutturato che potesse prevedere o meno la contrattazione collettiva. Pertanto, da quest’ultima esulano solo due situazioni soggettive: la prima è quella dei lavoratori fragili, la seconda è la condizione dei genitori con figli fino all’età di 14 anni.

In merito alla prima, i lavoratori affetti da specifiche patologie non devono siglare alcun accordo individuale per accedere al lavoro a distanza. Proprio la patologia conferisce un diritto soggettivo di accesso allo smart working, che esula dal consenso o meno del datore di lavoro. Il diritto del lavoratore, in questo ambito, può essere esercitato anche mediante lo svolgimento di una mansione differente – purché della stessa categoria o area di inquadramento, e che non comporti penalità dal punto di vista retributivo – affinché sia consentito al lavoratore di poter svolgere la mansione a distanza.

Smart working, chi lo può richiedere: genitori di figli under 14 e lavoratori fragili

Per i genitori con figli di età fino a 14 anni, invece, il diritto di poter svolgere il lavoro a distanza spetta solo se in famiglia l’altro coniuge non sia disoccupato oppure non fruisca di strumenti di sostegno al reddito. Rispetto al caso delle specifiche patologie, i genitori con figli fino a 14 anni hanno meno margine di manovra, perché la legge permette al datore di lavoro o all’azienda di avere maggiore potere discrezionale nella concessione dello smart working e in quale misura, talvolta anche con negazione. Tale facoltà si concretizza nell’ammissibilità del lavoro a distanza solo per specifici periodi, o per giorni della settimana.