Partirà nella mattinata di oggi, 19 giugno, l’analisi sui reperti sequestrati nel corso delle perquisizioni effettuate dagli inquirenti nell’abitazione dove Giulia Tramontano e Alessandro Impagnatiello convivevano, a Senago: l’obiettivo è trovare tutte le impronte digitali lasciate durante l’omicidio della 29enne dal killer, reo confesso, e da suoi eventuali complici. Proseguono, intanto, gli accertamenti sui dispositivi elettronici rinvenuti a casa della coppia. In questo caso lo scopo è rintracciare prove della premeditazione del delitto da parte del 30enne, che finora ha raccontato di aver agito perché colto da un “raptus”, “senza motivo” e “da solo”.

Omicidio Giulia Tramontano, al via l’analisi per la ricerca delle impronte digitali

Nel corso delle analisi, che, come spiega Repubblica, saranno effettuate dalla settima sezione “Investigazioni scientifiche” dei carabinieri, si punterà a scoprire tutte le impronte digitali presenti su quattordici reperti, di cui dieci rinvenuti nell’abitazione di Senago, a Milano, e quattro sul cadavere della giovane. L’obiettivo è ricostruire l’esatta dinamica del delitto compiuto dal 30enne, reo confesso, ma anche accertare, una volta per tutte, se Impagnatiello abbia avuto o meno dei complici nelle fasi dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere.

Tra gli oggetti che saranno passati al setaccio ci sarebbero un rotolo di pellicola trasparente (lo stesso che il 30enne avrebbe usato per avvolgere il corpo della vittima, dopo l’assassinio), tre rotoli di sacchi di plastica per la spazzatura, dei flaconi di ammoniaca, candeggina e detersivi (usati per ripulire la scena del crimine) e una scatola di guanti in lattice. Manca ancora all’appello, invece, il telefono cellulare della vittima, che Impagnatiello aveva detto di aver gettato in un tombino, ma non ancora ritrovato.

Al suo interno, secondo gli inquirenti, potrebbero nascondersi indizi importanti. Perché, altrimenti, Impagnatiello avrebbe deciso di disfarsene, disconnettendo Whatsapp Web? Mentre proseguono le indagini, stasera, 19 giugno, a Sant’Antimo, in provincia di Napoli, si terrà una “marcia silenziosa” in onore di Giulia e del nascituro, Thiago. L’11 giugno scorso, nello stesso luogo, si erano tenuti i funerali.

Si valutano le aggravanti da riconoscere ad Impagnatiello

Il caso può ritenersi ormai “chiuso”. Nei confronti di Impagnatiello, reo confesso, ci sono già abbastanza prove di colpevolezza. Tant’è vero che, una volta concluse le indagini, il 30enne potrebbe andare a processo con rito immediato, saltando la fase dell’udienza preliminare normalmente prevista dal codice penale.

Se si continua a disporre accertamenti è solo per capire quali aggravanti riconoscergli. In un primo momento il gip aveva deciso di escludere la premeditazione e la crudeltà, contestate invece dal pm. Tutto dipenderà dall’esito degli ultimi rilievi. Innanzitutto quelli tossicologici, che chiariranno se Impagnatiello abbia somministrato a Giulia il veleno per topi rinvenuto in delle bustine all’interno del suo zaino, che lui sostiene di aver usato solo sul luogo di lavoro.

Poi, quelli autoptici, che dovranno accertare, come richiesto dalla Procura e dai familiari della vittima, quattro elementi: l’esatto orario della morte (per il momento stimato tra le 19 e le 20.30); il numero di coltellate date post mortem, un dettaglio importante per poter parlare di “crudeltà”, contestata quando il killer compie azioni “in più” oltre a quelle omicidiarie, accanendosi sulla vittima; le eventuali concause del decesso (l’avvelenamento, per esempio) e, da ultimo, le condizioni del feto.

Bisognerà capire, in particolare, se fosse già iniziato il travaglio, con la dilatazione dell’utero. In quel caso, l’accusa potrebbe diventare di duplice omicidio. Al momento è di omicidio volontario aggravato dal vincolo sentimentale e dai futili motivi, occultamento di cadavere e interruzione non consensuale di gravidanza. Impagnatiello, in pratica, rischia l’ergastolo. Per questo non potrà beneficiare del rito abbreviato.

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