Era il colpo dell’estate che i tifosi sognavano. Il ritorno alla Juventus per Paul Pogba è stato invece l’inizio di un calvario durato un campionato intero fra problemi extra-campo e il fastidio al ginocchio che ha condizionato tutta la sua stagione. Max Allegri non ha mai potuto fare affidamento sul centrocampista che ora vuole riprendersi per mano la squadra, sta superando la lesione muscolare accusata a maggio per essere pronto alla ripresa dei lavori. Sembra aver ritrovato la serenità anche grazie alla nascita del terzo figlio, si sta godendo la famiglia in questi giorni di vacanza prima di tornare a Torino i primi di luglio.

Nove partite in stagione

Appena 161 minuti in sei presenze in Serie A, tre in Europa League e una in Coppa Italia con un solo assist servito a referto on la Juventus. Numeri che fanno rabbrividire per un talento cristallino come il centrocampista transalpino. Il problema al ginocchio con la voglia di andare al Mondiale e l’operazione rimandata, la lenta ripresa con continui stop muscolari e questioni familiari da dover affrontare. Un anno orribile per Paul Pogba che racconta il suo calvario ai microfoni di Views.

È stata una grande esperienza per me, può solo essere utile per me in futuro. Ho cambiato squadra, ho avuto infortuni. È vero che è stato complicato, anche al di fuori del calcio. Ma ho imparato che le cose importanti per me erano la salute, giocare a calcio e la famiglia e concentrarmi davvero su questo. Tornare in campo con la salute è importante per tutti e soprattutto per noi atleti. Il mio corpo è il mio strumento di lavoro e il lusso più grande che puoi avere nella vita è la salute. Quando non stai bene nella testa, il corpo ti segue: la base di tutto quello che è successo è stata la testa. E’ stata la stagione più difficile della mia carriera, la prova più grande della mia vita.

Solo due squadre in carriera che si sono alternate. Prima le giovanili nello United per poi arrivare a parametro zero alla Juventus dopo con Conte e Allegri si consacra al grande pubblico. Quindi il ritorno ai Red Devils per oltre cento milioni di euro e altrettanta pressione addosso per confermarsi ma nel momento storico peggiore del club inglese e quindi il nuovo ritorno in bianconero sempre alla scadenza del contratto.

Gli ultimi anni sono stati difficili con tante critiche che sono piovute addosso al centrocampista francese, quando era giovane ascoltava i consigli dei compagni più esperi ma ora i ruoli si sono ribaltati. Non è più il talento da aiutare a crescere, oggi gli si chiede di diventare il leader della squadra e questo i tifosi juventini vorrebbero in un momento delicato per la storia del club.

Quando ho lasciato Manchester, ero giovane. E quando sei giovane, vuoi dimostrare qualcosa. Sono arrivato alla Juve, in un club italiano abbastanza giovane, è stato un grande banco di prova per me. Ma ho visto subito l’amore dei tifosi, ho visto l’amore del club. Mi è piaciuto molto il modo in cui hanno lavorato e ho imparato molto.

Sono tornato a Manchester perché non avevo finito il mio lavoro lì. Abbiamo già vinto, non la Premier League, ma titoli che il Manchester non vinceva da molto tempo.  E sono tornato alla Juve, perché? Perché è davvero il club che mi ha aiutato a spingermi oltre. E davvero l’amore dei tifosi, l’amore del club che ricevo, non l’ho avuto a Manchester. Sono rimasto piuttosto sorpreso quando sono tornato in Inghilterra, già con il trasferimento mi è stata assegnata un’etichetta. Era abbastanza triste.

Le critiche fanno parte del gioco e per questo mi concentro di più sui commenti positivi. Oggi sono un calciatore professionista perché ho giocato quel calcio ed è quel calcio che mi ha portato dove sono oggi. I critici ci saranno sempre. Io penso più alle persone che mi guardano e che sono felici di vedermi giocare, piuttosto che alle persone che mi criticano. Non ho bisogno di questo. So quando ho fatto una buona partita, quando ho avuto una brutta partita. Il piacere rimarrà sempre radicato in me ed è per questo che gioco a calcio. Questo è anche il motivo per cui, credo, la gente viene a vedere le partite.

Patrice Evra, zio Pat’, mi ha sempre aiutato. Ho avuto anche Nicolas Anelka quando ero alla Juve che mi ha dato consigli sulla mia carriera. Quando vedi la loro carriera, ti dici che puoi solo ascoltarli e imparare da loro. C’era anche Rio Ferdinand. Ho avuto la fortuna di stare con grandi giocatori che erano davvero i miei fratelli maggiori nel calcio e che mi hanno aiutato a crescere e fare esperienza abbastanza presto