Non era bravo come Gianni Rivera e neppure come Sandro Mazzola ma per i tifosi dell’Arezzo è molto di più: un mito. E, addirittura, un aretino lo ha utilizzato per una dichiarazione d’amore alla fidanzata. Su un muro vicino alla stazione ferroviaria è comparsa una scritta (chissà se c’è ancora) vergata con vernice nera che è un’autentica pagina di letteratura sentimentalcalcistica: “Sei bella come la rovesciata di Menchino Neri”.
Ma chi è questa sorta di cupido così amato dagli aretini? Lo spiega il sito internet il nobile calcio.it.:
“9 giugno 1985: penultima giornata di campionato e al Comunale di Arezzo va in scena un vero e proprio scontro diretto per la salvezza con il Campobasso. I molisani arrivano alla sfida con due punti di vantaggio dalla formazione amaranto. Minuto 17′ del secondo tempo: l’arbitro fischia un calcio di rigore in favore della formazione di casa. Quel pallone pesa come un macigno, nessuno vorrebbe calciarlo. Alla fine l’incaricato non può che essere lui: il capitano col suo numero 8 e i baffi. Nonostante la sua leadership, la situazione lo rende nervoso e Neri calcia un rigore brutto e centrale che Ciappi non ha problemi a parare. Domenico è a pezzi, vorrebbe solo uscire dal campo e sparire per sempre. Si reca a bordo campo ma un fotografo posa la sua macchina e lo sprona fisicamente a tornare in campo, a farlo per la sua gente, per la squadra della sua città”.
Menchino Neri e quella prodezza che lo ha reso leggendario
E qui dal mito si passa alla leggenda:
“Minuto 22′ del secondo tempo: l’Arezzo si guadagna un calcio d’angolo, la traiettoria però è lunga per tutti e la palla finisce dalla parte opposta per poi essere rimessa al centro da Mangoni: lì ad aspettare questo cross come una preghiera c’era lui, che 5 minuti prima aveva sbagliato un calcio di rigore ed era stato riportato in campo da un fotografo: Menchino si coordina con una rovesciata d’autore e supera il portiere avversario”.
Finisce 1-0. L’Arezzo è salvo e anche la storia d’amore.
Stefano Bisi
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