Antonio Tajani indica il percorso di Forza Italia, dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi. E lo fa, in occasione di una conferenza stampa presso la sede del partito, a piazza San Lorenzo in Lucina, a Roma, insieme alla presidente dei senatori di FI, Licia Ronzulli, al capogruppo del partito alla Camera, Paolo Barelli, ed al capodelegazione di Forza Italia al Parlamento europeo, Fulvio Martusciello.

Il PPE e il futuro di Forza Italia

Giovedì prossimo “si riunirà il Comitato di presidenza di Forza Italia, il quale convocherà il Consiglio nazionale. Questo sarà chiamato ad eleggere il presidente che dovrà guidare FI fino al prossimo Congresso nazionale. Il Congresso nazionale dovrà essere convocato dal nuovo presidente, in base allo Statuto, sentito il Consiglio nazionale“, le parole pronunciate dal vicepremier, ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, e coordinatore nazionale di Forza Italia.

Intanto, anche in Europa ci si interroga sul futuro del partito fondato da Silvio Berlusconi. Gli undici deputati di Forza Italia difficilmente, nel breve periodo, saranno decisivi per il Ppe nel pallottoliere dell’Eurocamera. Il gruppo guidato da Manfred Weber, guardando ai numeri, è di gran lunga il maggiore dell’Assemblea e ha 177 membri, 34 in più dei Socialisti & Democratici.

Ma passando al medio termine, ovvero alle elezioni Europee dell’anno prossimo, la scomparsa di Silvio Berlusconi pone più di un grattacapo ai Popolari. Nel partito, spiegano fonti interne, “c’è preoccupazione” su cosa ne sarà di FI. E, soprattutto, su quale sarà il suo peso dopo il voto del 2024, in attesa del quale i vertici del Ppe avevano già preventivato di prendere meno seggi rispetto agli attuali.

La strategia dei Popolari europei

E’ proprio guardando ai numeri che Weber, ben prima della morte del Cavaliere, ha iniziato la sua strategia di avvicinamento alle destre. Non tutte, ma quelle non platealmente ani-Ue e fermamente filo-Ucraina. Una strategia non facile, quella del bavarese, che ha aumentato il computo dei suoi nemici interni ma che per lui resta necessaria se nell’Eurocamera che verrà il gruppo vorrà confermarsi nel ruolo di kingmaker.

E’ a destra, infatti, che i numeri sono in crescita. Trainati dagli italiani di FdI, dal Finns Party, dai Democratici Svedesi e, chissà, anche dagli spagnoli di Vox e dai polacchi del Pis. E poi ci sono i partiti nuovi, come quello degli agricoltori in Olanda, movimenti al momento senza appartenenza a Strasburgo ma che il Ppe sta cercando di avvicinare. C’è poi un dato che va oltre i numeri: il Ppe, in Italia, è al governo proprio grazie a FI. E’ in queste riflessioni che si annidano i timori dei Popolari.

Con Weber e Antonio Tajani accomunati ora dal difficile obiettivo di mantenere lo status quo a livello numerico. Che già sarebbe un successo. Nei vertici del partito si calcola che S&d possa perdere tra i 20 e i 40 seggi mentre anche i liberali rischiano di avere una ventina eurodeputati in meno. Allo stesso tempo è difficile che nel prossimo Europarlamento ci possa essere una maggioranza numerica con dentro le destre e fuori i Socialisti.

Non a caso, la popolare Roberta Metsola qualche giorno fa affermava che anche dopo il 2024 il tronco della maggioranza Ursula non debba cambiare. E se prima dell’addio di Berlusconi nel Ppe escludevano qualsiasi ipotesi di ingresso di FdI nel partito o nel gruppo, ora il futuro potrebbe essere più nebuloso. Con la soglia minima del 4% alle Europee che per gli azzurri appare ora meno scontata.