‘Salviamo la sanità pubblica’ è il nome che è stato dato alla mobilitazione in 38 città in tutta Italia, organizzata per chiedere maggiori investimenti sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN). A Roma, una folla di cittadini e di rappresentanti delle sigle sindacali di medici e operatori sanitari si è radunata davanti al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
‘Salviamo la sanità pubblica’, la mobilitazione a Roma, davanti al Ministero dell’Economia
Associazioni di cittadini e pazienti insieme alle sigle sindacali di medici e operatori sanitari per lanciare un vero e proprio ‘grido di allarme’ sulla situazione in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Questo il senso di ‘Salviamo la sanità pubblica’, una grande mobilitazione che attraversa oggi, 15 giugno, tutta l’Italia, toccando 38 città contemporaneamente.
Scopo della manifestazione: segnalare la crisi del SSN e chiedere interventi decisi e radicali al governo, sia in termini di investimenti economici, sia in merito all’organizzazione del lavoro, con l’autonomia regionale differenziata bersaglio di forte polemica da parte dei manifestanti, dopo la bocciatura dell’Unione Europea di qualche settimana fa.
Di Silverio (ANAAO Assomed): “Siamo l’ultimo baluardo per la difesa di un sistema sanitario pubblico, democratico e universale”
A Roma, i manifestanti si sono radunati davanti alla sede del Ministero dell’Economia e delle Finanze in via XX settembre.
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Molte le sigle sindacali di settore presenti. Tra queste ANAAO Assomed (sindacato di medici e dirigenti sanitari), rappresentato dal segretario nazionale Pierino Di Silverio.
Raggiunto da Lorenzo Capezzuoli Ranchi per il Cusano Media Group, Di Silverio indica in “equità e libero accesso alle cure” le parole d’ordine su cui ristrutturare il SSN e impedire che venga sgretolato da politiche di disinvestimento “che vanno avanti da più di un decennio”.
Di Silverio ribadisce l’importanza di tenere insieme un servizio sanitario che sia pubblico, senza dare ulteriore spazio al privato e, per far, questo, sono necessari investimenti.
“Per noi curare il paziente vuol dire farlo gratuitamente con libero accesso per sancire due diritti: il diritto alla cura e il diritto a curare. Siamo l’ultimo baluardo per la difesa di un sistema pubblico, democratico e universale”.
Sulle polemiche legate all’autonomia differenziata, il segretario di ANAAO Assomed dichiara che “non resteremo in silenzio”.
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Nardacchione (Cimo-Fesmed Lazio): “Il SSN rischia di morire”
Sull’autonomia differenziata interviene anche Francesco Nardacchione, presidente federale Cimo-Fesmed Lazio, per il quale “la regionalizzazione del Ssn ha portato a una diversificazione assistenziale” che ha creato disparità e disuguaglianze, rendendo impossibile raggiungere l’obiettivo di “fornire lo stesso livello assistenziale da Bolzano a Reggio Calabria”.
Nardacchione definisce la manifestazione un “grido disperato” per segnalare quanto sia a rischio il SSN. Tra le cause, una delle principali è la privatizzazione del servizio.
“Con questa aziendalizzazione che mira unicamente al profitto economico, non siamo in grado di garantire la salute ai cittadini“.
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Parole che trovano d’accordo Andrea Filippi, Segretario Nazionale FP CGIL, che parla esplicitamente di un Servizio Sanitario Nazionale non pubblico ma statale.
“Il Ssn deve essere statale, non pubblico, perché la parola ‘pubblico’ è un trucco. Noi diciamo che il Ssn non deve essere pagato con le tasse dei cittadini per generare profitti al privato, ma che deve essere statale”.
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Salviamo la sanità pubblica, Grasselli (FVM): “C’è un vero e proprio mercato dei medici migliori, che lasciano il SSN. E non torneranno”
Quello della privatizzazione è un problema segnalato da più parti. La disparità di condizioni economiche tra pubblico e privato, dovuta all’assenza di investimenti nella sanità da parte della politica, ha determinato un contesto di insofferenza nei medici e operatori pubblici.
La denuncia viene da molti dei presenti e la chiarisce Aldo Grasselli, presidente di FVM (Federazione Veterinari Medici e dirigenti sanitari), che parla esplicitamente di “mercato”, che porta medici e infermiere a spostarsi nel settore privato, frustrati da “un contesto insoddisfacente dal punto di vista delle prospettive di carriera e del trattamento economico”.
“Se era questo un disegno per far fallire il Servizio sanitario nazionale, ci si è riusciti”.
Per Grasselli, tuttavia, la soluzione ci sarebbe: l’eliminazione del tetto di spesa al personale, introdotto addirittura nel 2004, che permetterebbe di ingaggiare nuove figure di medici che ci sono, ma non trovano la possibilità di ingresso in un sistema bloccato.
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Sulla stessa linea anche Alessandro Vergallo di AAROI-EMAC (Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza Area Critica) che denuncia come sempre più professionisti fuggano dal pubblico impiego per poi rientrare, “a volte anche nello stesso ospedale”, come liberi professionisti privati, con una remunerazione, dunque, maggiore, ma anche un costo maggiore per la struttura sanitaria che li accoglie.
Anche per Vergallo la politica dovrebbe eliminare il tetto di spesa per il personale sanitario. Poi, però, servirebbe anche un intervento per migliorare le condizioni lavorative dei professionisti, sottoposti a turni massacranti ed esposti anche a situazioni di rischio per la propria incolumità.
“Il lavoro del medico non si può intendere come un sacrificio in cui mettere a repentaglio la propria salute e vita privata, perché è una professione e non una missione”.
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Boschero e Magliozzi (CISL medici): “Il servizio sanitario è un investimento, non un costo”
Le condizioni difficili in cui versano gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale sono denunciate da tempo, con stress e situazione economica che spingono molti professionisti ad abbandonare il lavoro.
Anche per Lucilla Boschero e Benedetto Magliozzi, rispettivamente segretaria regionale per il Lazio e segretario generale nazionale CISL medici, la soluzione risiede in uno sforzo maggiore a livello economico, allineando gli stipendi ai parametri europei. Una richiesta in controtendenza rispetto alla gestione del servizio da parte della politica, caratterizzata solamente da disinvestimenti.
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