Clamoroso epilogo nell’inchiesta sul Partygate: la commissione bipartisan di Westminster che stava indagando sul caso ha condannato Boris Johnson. Sotto la lente d’ingrandimento gli interventi dell’ex primo ministro alla Camera dei Comuni. Johnson è accusato di aver mentito al Parlamento britannico in relazione allo scandalo legato alle feste organizzate a Downing Street in piena pandemia da Covid.
Si tratta di un evento senza precedenti in Gran Bretagna. Nessun premier era mai stato punito per aver mentito deliberatamente al Parlamento.
Lo scorso venerdì, l’ex primo ministro si era dimesso da deputato. Secondo le prime indiscrezioni tale decisione era subordinata alla sua visione delle carte. Johnson ha cercato così di evitare l’eventualità di essere messo alla porta a seguito dell’inchiesta. Dal canto suo, tuttavia, si era professato ancora una volta innocente in quella che considera una “caccia alle streghe” e un “assassinio politico“.
Non ho mentito, e credo che in cuor loro alla commissione lo sappiano.
Boris Johnson condannato, la ricostruzione della vicenda
La condanna di Boris Johnson è frutto di un’indagine lunga ben quattordici mesi. I media britannici parlano di un rapporto da ben 108 pagine pubblicato dal Comitato sui privilegi britannico sulla faccenda.
Nelle carte è presente la richiesta per la sospensione dell’ex premier dalla Camera per 90 giorni “per ripetuti atti di disprezzo e per aver cercato di mettere a rischio il processo parlamentare”. Secondo il rapporto Johnson, “deliberatamente fuorviando la Camera”, ha “commesso una serie di azioni di disprezzo”.
L’oltraggio è tanto più grave perché commesso dal presidente del Consiglio, il membro più anziano del governo.
Johnson non è più il primo ministro britannico dallo scorso luglio, quando rassegnò le dimissioni. Al suo posto era subentrata Liz Truss, che però ha anch’ella annunciato le dimissioni dopo soli 44 giorni da primo ministro. Oggi il premier in carica è il neo leader del Partito Conservatore Rishi Sunak.