Bobo Craxi, volto storico del Partito Socialista Italiano e figlio di Bettino Craxi, esponente di spicco della storia del partito e della vita della Prima Repubblica durante la quale ha ricoperto – tra gli altri – il ruolo di Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987, è intervenuto ai nostri microfoni. Lo ha fatto nelle ore in cui il Paese è concentrato in un esercizio di memoria – interpretato da ognuno in maniera diversa – a Silvio Berlusconi. Scomparso, lo scorso 12 giugno, dopo un lungo calvario con la malattia. La famiglia Craxi e quella Berlusconi sono sempre state collegate se non altro da rapporti di affetto che Bobo Craxi, in esclusiva, racconta con queste parole:

“Io ho conosciuto Berlusconi prima che diventasse un uomo di Stato ed un leader politico quindi il ricordo più prezioso che ho di lui è quello del giovane Berlusconi amico di famiglia. Lo ricordo come una persona molto affettuosa. Ricordo con particolare affetto il primo periodo della presidenza milanista…”.

Bobo Craxi su Berlusconi, l’intervista: “Ecco perché Meloni non è come lui”

E allora riprendiamo dal Milan. Era tifoso, vero?

“Sì, certo. Facevo con lui diverse trasferte e lo incoraggiavo molto a continuare quella avventura nonostante il primo anno non andò benissimo. Fu anche parte del CdA del Milan. Era un bel progetto, una esperienza nuova, un’occasione in cui ha dimostrato il piglio dell’imprenditore dinamico e moderno. Già si vedeva molto delle due capacità”.

Poi c’è stata la politica…

“Sì. E lì, pur rimanendo una persona a cui ero affettivamente legato, ho iniziato a vederlo più lontano. Non condividevo diverse cose”.

Idee politiche diverse?

“Non era tanto quello. Poi per noi furono anni di esilio (la famiglia Craxi si era trasferita ad Hammameth, ndr) mentre per Silvio di protagonismo e successo. È stato un distacco determinato da scelte diverse. Ma l’atteggiamento amichevole è sempre rimasto tant’è che l’ho rivisto un paio di anni fa e sono stato felice”.

Come le era sembrato? Ancora focalizzato sugli obiettivi politici?

“Faceva finta di non essere interessato alla corsa per la presidenza della Repubblica. Io, dal mio punto di vista, gli sconsigliai di perseguire quell’obiettivo. Ma ci ha provato, da lottatore”.

Meloni è il suo erede?

“Direi proprio di no. Berlusconi aveva alle spalle una storia democratica. Il berlusconismo lascia in eredità il populismo e Meloni è populista, vero, ma oltre quel pezzettino che ha già svuotato di Forza Italia non credo andrà oltre. Gli elettori di origine popolare e democristiana non si riconoscono in Giorgia Meloni e dovrebbero trovare una casa cattolico-democratica. Il partito di Giorgia Meloni ha un’origine chiara che non è ancora stata ancora recisa completamente”.

Si è parlato molto del rapporto tra Silvio Berlusconi e Bettino Craxi. Le chiedo: l’ex leader dei socialisti ha assunto un ruolo di consigliere per la discesa in campo di B? E se sì, quale?

“Direi proprio di no. Berlusconi è riuscito nel capolavoro di colmare un vuoto politico interpretando il nuovo e tenendo insieme un pezzo del vecchio”.

Però erano amici, non discutevano di politica?

“Certo che sì, ma in quel momento mio padre stava sotto i colpi del colpo di stato (il riferimento è al processo Tangentopoli, ndr) ed era difficile organizzare anche la costruzione di un nuovo soggetto politico. Berlusconi ha fatto una operazione politica mirabile anche approfittando del fatto che dall’altra parte non c’era nulla se non un gruppo di disperati scampati dal comunismo ed un gruppo di assetati di giustizialismo senza un programma ed una prospettiva di paese. Ha vinto Berlusconi molto più brillante e nuovo rispetto ad un vecchio sistema”.

La storia come ricorderà Berlusconi?

“Gli riconoscerà un ruolo centrale nell’ambito della vita democratica del Paese. La sua discesa in campo diede la possibilità di realizzare un centrodestra che non esisteva. Ha saputo conciliare il moderatismo dei cattolici, recuperare un pezzo di pentapartito, ammansire il secessionismo padano ed istituzionalizzare la destra. Tutto questo condito con una idea di novità interpretando l’Italia dopo il crollo dei partiti”.