L’emergenza sanitaria generata dal COVID-19 ha provocato una trasformazione radicale nel mondo del lavoro. Le aziende, per contrastare la distanza fisica, hanno adottato un nuovo strumento di lavoro: le riunioni virtuali. Questo cambiamento ha portato ad una crescita esponenziale dell’uso di piattaforme come Teams, Meet, Zoom e Webex e a una rapida intensificazione del lavoro da remoto. In Europa chi lo usa di più? I Paesi scandinavi sono al top, mentre i Paesi dell’est sono più fanalino di coda.

Il lavoro da remoto in Europa e l’uso delle riunioni virtuali

Secondo i dati Eurostat del 2022, il 50% delle aziende nell’Unione Europea con 10 o più dipendenti o lavoratori autonomi hanno utilizzato internet per condurre riunioni a distanza. Tuttavia, esistono significative variazioni tra i diversi Paesi membri dell’UE. I Paesi Nordici, in particolare, si distinguono per la loro propensione ad adottare questo metodo di lavoro. Svezia (79,4%), Finlandia (78,5%) e Danimarca (78,0%) si collocano ai primi posti per l’utilizzo delle riunioni virtuali. Ai Paesi scandinavi seguono anche Malta (68,3%) e Irlanda (63,6%). Invece, all’opposto dello spettro, troviamo alcuni Paesi dell’est Europa, come la Bulgaria (28,2%), l’Ungheria (29,4%) e la Romania (31,2%), seguiti da Grecia (32,9%) e Slovacchia (35,2%).

Lavorare da remoto e accedere alle risorse aziendali: 3 canali

Eurostat ha misurato anche la capacità tecnologica delle aziende nel fornire ai loro dipendenti l’accesso remoto a tre risorse aziendali fondamentali:

  • il sistema di posta elettronica;
  • i documenti e le applicazioni;
  • il software dell’impresa.

Nell’Unione Europea, nel 2022, quasi 6 aziende su 10 (57%) hanno offerto tutti e tre i tipi di accesso remoto ai propri dipendenti.

Le differenze tra piccole, grandi e medie imprese

Tra le imprese di varie dimensioni, esiste una notevole differenza nell’offerta di accesso remoto. Il 91% delle grandi aziende (250 o più dipendenti) ha fornito i tre tipi di accesso remoto, rispetto al 77,2% delle aziende di medie dimensioni (da 50 a 249 dipendenti) e al 52,4% delle piccole aziende (da 10 a 49 dipendenti).

L’accesso da remoto alle risorse aziendali sembra quindi proporzionalmente legato alle dimensioni dell’impresa.

Lavoro da remoto in Italia: il punto sulle riunioni virtuali

Nonostante la tendenza crescente, l’Italia risulta indietro nella transizione verso le riunioni online. Solo il 44,3% delle riunioni aziendali in Italia avvengono online, una percentuale inferiore rispetto a molti dei suoi omologhi europei, compresa la media dell’UE del 50%.

Secondo dati Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche), nel 2019, quindi nell’era pre-Covid, in Europa lavorava da remoto il 14,6% degli occupati, con l’Olanda al top (il 20% lavorava già da remoto). La pandemia ha innescato un’accelerazione vivace di questo trend, soprattutto nei Paesi scandinavi, ma anche in Francia, Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Estonia, Malta e Irlanda. L’Italia, invece, arrancava, a ritmo sempre più lento, nonostante un’improvvisa crescita determinata dalla necessità (ovvero, l’emergenza sanitaria), stando ai dati europei Labour Force Survey, la crescita è stata molto lenta negli ultimi anni post-Covid: già nel 2019 le percentuali sfioravano appena il 5%, per poi salire vertiginosamente al 13,7% nel 2020 e poi al 14,9% nel 2021.

Il futuro del lavoro da remoto in Italia

Nonostante l’adozione inizialmente più lenta delle riunioni virtuali, l’Italia si sta muovendo verso un futuro in cui lo smart working diventa sempre più la norma. Un recente sondaggio condotto dal Politecnico di Milano prevede che entro il 2025, il 60% delle aziende italiane adotterà una forma di lavoro flessibile o da remoto.

La tendenza verso lo smart working è trainata da vari fattori. Il primo è la continua esigenza di distanziamento sociale dovuta alla pandemia di COVID-19. Il secondo è l’interesse delle aziende a ridurre i costi operativi, in particolare quelli associati agli spazi di lavoro fisici. Infine, c’è una crescente consapevolezza del valore della flessibilità e dell’equilibrio tra vita personale e lavorativa per il benessere dei dipendenti.