Il ricordo di Massimo D’Alema: Berlusconi era combattente, un avversario certo, ma comunque in grado di suscitare, anche nei rivali, sentimenti come ammirazione e persino simpatia. Queste le parole dell’ex Presidente del Consiglio rilasciate oggi, mercoledì 14 giugno 2023, nel giorno dei funerali di Stato di Silvio, ai microfoni del Corriere della Sera.

D’Alema: “Berlusconi amato da una parte importante degli italiani”

D’Alema, intervistato in esclusiva dal quotidiano, non parla solamente del suo rapporto con Silvio Berlusconi, ma anche delle esequie che si terranno nel pomeriggio, alle ore 15, nel Duomo di Milano. In particolare l’ex premier commenta la decisione di proclamare il lutto nazionale per tutta la giornata di oggi.

È una decisione che corrisponde a un sentimento non di tutti, certo, ma di una parte importante degli italiani. Non credo che debba essere materia di polemiche.

La decisione di organizzare per Berlusconi dei funerali di Stato e di indire il lutto nazionale è stata, sin dall’inizio, molto criticata dagli italiani. Le lamentele vanno avanti ancora adesso. Tuttavia, secondo D’Alema, tutti questi commenti non sarebbero sono necessari.

D’Alema e Berlusconi: il primo incontro

L’intervista del politico rilasciata al Corriere della Sera prosegue con il ricordo della prima volta che si sono incontrati. Massimo D’Alema afferma:

Era il 1992, ero capogruppo alla Camera del Pds e a Montecitorio si discuteva un provvedimento che gli stava molto a cuore. Gianni Letta mi disse che Berlusconi avrebbe voluto incontrarmi. Ci vediamo in un ufficio di Fininvest a Roma, c’era anche Confalonieri. E Berlusconi fu bravissimo: per tutta la durata dell’incontro non fece mai riferimento alla legge che gli interessava.

E di cosa hanno parlato in quella occasione?

Lui disse che era molto contento di conoscermi, che era colpito dalla “rara capacità” che avevo di spiegare la politica, mentre i politici normalmente parlavano in modo “aggrovigliato”, che si vedeva che avevo fatto il giornalista. E poi mi chiese: “Perché lei non fa qualcosa con noi?”

Il Cav si riferiva, in quel momento, al mondo della televisione. Il ricordo di D’Alema continua allora così:

Gli dissi che non era possibile, visto che ero deputato della Repubblica. Lui rispose che secondo lui non era un problema tanto più che già Giuliano Ferrara, all’epoca parlamentare europeo del Psi, conduceva Radio Londra su Italia 1. Fu molto carino e mi regalò anche un libro: Il principe di Machiavelli, edito da lui e con una sua prefazione. Ci salutammo con cortesia. Quanto a quel provvedimento, noi continuammo a opporci e alla fine non passò.

La vittoria di Berlusconi nel ’94

Massimo D’Alema prosegue poi parlando di quella sconfitta del 1994, anno in cui Silvio Berlusconi scese per la prima volta in politica (tra l’altro, con un discorso che ha fatto la storia).

Io vidi che buona parte dell’elettorato salentino del mio collegio di Gallipoli, tradizionalmente democristiano, stava slittando verso “il candidato di Berlusconi”, un esponente del Movimento sociale che in condizioni normali avrebbe preso il 5%. Mi resi conto che lui era riuscito a mobilitare il corpo profondo del moderatismo italiano contro “il pericolo comunista”.

E quale fu, secondo uno dei suoi più grandi rivali, il segreto del grandissimo successo ottenuto da Silvio Berlusconi in breve tempo? Lo si legge ancora sul Corriere della Sera.

Era riuscito a catalizzare il voto conservatore e a riempire il vuoto lasciato dalla caduta del Caf (Craxi, Andreotti, Forlani, ndr). Nel nome dell’anticomunismo ma anche presentandosi come “il nuovo” contro la vecchia politica dei partiti. Una miscela geniale di tradizione e innovazione.

Infine D’Alema commenta le lunghissime vicende del Cav con giudici e magistratura.

Berlusconi ha avuto ragione a sentirsi perseguitato? Probabilmente sì. Ma credo che Berlusconi abbia sollevato un problema reale declinandolo nel modo sbagliato. E cioè interpretandolo come se ci fosse il complotto dei magistrati di sinistra contro di lui. In realtà quello che si era determinato nel nostro Paese era stato uno squilibrio nei rapporti tra poteri dello Stato, questa è la verità.

L’indebolimento del sistema dei partiti ha lasciato campo a una crescita del potere “politico” della magistratura, che si è arrogata il compito di fare qualcosa di più che perseguire i reati, come per esempio vigilare sull’etica pubblica e promuovere il ricambio della classe dirigente. Il tema era il riequilibrio, non il complotto contro Berlusconi. E alla fine quel suo scontro con i giudici ha creato un clima nel quale non è stato possibile fare nessuna riforma.