I paesi dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo sulla condizione lavorativa dei rider. Al momento c’è una bozza di quella che dovrebbe essere la direttiva utile a disciplinare alcuni rapporti di lavoro, come quello dei rider. In realtà comprende tutta la così detta gig economy, cioè quella parte di economia caratterizzata dalla prevalenza di lavoratori freelance o con contratti a breve termine e che ha una direzione che potrebbe portare alla diminuzione dei lavoratori con rapporti subordinati.
I 27 paesi della Ue hanno stilato un testo, che poi dovrà essere discusso con il Parlamento Europeo prima di essere approvato definitivamente. Secondo la bozza del testo in questione, la regolamentazione prevede che i lavoratori delle piattaforme siano considerati dipendenti se rispondono almeno a tre dei sette criteri previsti. In seguito a questo riconoscimento, il lavoratore deve vedersi riconosciuto un rapporto di lavoro a cui vengano applicate tutte le tutele legali, previdenziali e retributive previste.
L’Ue vuole una migliore gestione del rapporto lavorativo dei rider e di tutti i precari della gig economy
La proposta avanzata dai paesi dell’Unione si riferisce soprattutto a quei lavoratori che vengono ‘gestiti’ dall’intelligenza artificiale o di altri sistemi completamente automatizzati. Secondo i dati raccolti dall’Unione Europea, un lavoratore su cinque viene classificato in maniera sbagliata. Per Bruxelles, 5 milioni di addetti alla gig economy sarebbero trattati come fossero dipendenti. Da qui, la bozza della direttiva ha deciso di stabilire i sette criteri per individuare i “falsi autonomi” e trasformati in dipendenti. Per l’economia a cui si riferirà il documento, sarà un impatto enorme a livello di costi, tanto che molte delle società interessate hanno già reso noto il loro dissenso.
Fra i sette criteri figurano la determinazione da parte della piattaforma dei limiti massimi di retribuzione, l’imposizione di un abbigliamento specifico, la supervisione del lavoro, la limitazione della facoltà di scelta degli orari di lavoro e dei giorni di assenza, la restrizione alla possibilità di rifiutare incarichi, di costruire la propria clientela o di svolgere prestazioni per la concorrenza.
Saranno dei criteri a stabilire se il lavoratore è autonomo o deve essere stabilizzato
Per quanto riguarda i criteri a cui si faceva riferimento prima, tra gli altri sono inclusi i limiti massimi di quantità di denaro che i lavoratori possono ricevere. Poi le restrizioni sulla loro capacità di rifiutare il lavoro o anche le regole che ne disciplinano l’aspetto o il comportamento. Fino a questo momento la maggior parte dei lavoratori, che si stimano circa sui 28 milioni, erano considerati formalmente dei lavoratori autonomi. In realtà lo erano e lo sono ancora, solo per quanto riguarda i doveri. Nel senso che nonostante dovrebbero essere autonomi, le risposte che dovevano dare al datore di lavoro erano alla stregua di dipendenti subordinati senza averne i diritti per i trattamenti economici (perché pagati solo al compimento di un servizio e con i contributi a carico loro). E il consiglio Europeo ha proprio sottolineato questo aspetto puntando l’attenzione sul fatto che al momento i rider, per esempio ma anche altre categorie (come gli Uber per dirne un’altra), attualmente hanno effettivamente un rapporto di lavoro che come doveri è molto vicino a quello dei dipendenti e quindi dovrebbero godere degli stessi diritti del lavoro e della protezione sociale concessi ai lavoratori ai sensi del diritto nazionale e dell’Ue.
Maggiori garanzie a chi viene trattato come un lavoratore dipendente pur non essendolo contrattualmente
Il consiglio Europeo sottolinea che, in caso contrario e se cioè il lavoratore non ha un rapporto subordinato, deve essere specificato dalla piattaforma che si serve delle prestazioni del suddetto lavoratore. Ovvero quanto succede che venga applicata la presunzione legale, sarà dovere della piattaforma digitale dimostrare che non esiste “alcun rapporto di lavoro secondo la legislazione e la prassi nazionale”. Diverso invece il caso dei lavoratori gestiti dall’intelligenza artificiale. Il Consiglio europeo vuole garantire e promuovere l’adeguata consapevolezza e informazione dei lavoratori – che quindi dovranno conoscere perfettamente le condizioni di lavoro a cui andranno incontro – sull’utilizzo dei sistemi automatizzati di monitoraggio e di tipo decisionale. I ministri dei 27 paesi europei, sottolineano inoltre che gli algoritmi di cui si serviranno le piattaforme, dovranno essere “monitorati da personale qualificato, che gode di una protezione speciale da trattamenti avversi”.