Il XXV Rapporto AlmaLaurea svela un panorama al contempo positivo e preoccupante per i laureati italiani, la classica medagli a due facce, che pur vitalizzando qualche episodio positivo, non manca di rimarcare i lati negativi, peraltro ricorrenti. Presentato presso l’Università di Palermo, il rapporto analizza la situazione lavorativa dei laureati e i cambiamenti nel mercato del lavoro, oltre ad evidenziare le disparità di genere e la questione della mobilità studentesca. Il lavoro dopo la laurea è ancora un incubo in Italia? In sintesi, si vede qualche miglioramento, ma ci sono ancora troppi gap da colmare.
Lavoro dopo la laurea: si vede la luce in fondo al tunnel?
L’indagine (leggi qui quella dell’anno scorso), che ha coinvolto 670.000 laureati provenienti da 78 università, indica una maggiore capacità di assorbimento del mercato del lavoro rispetto agli anni pre-pandemia. Questo è tradotto in una crescita del tasso di occupazione dei laureati di primo e secondo livello. Infatti, un anno dopo la laurea, l’occupazione si attesta al 75,4% per i laureati triennali e al 77,1% per quelli magistrali e a ciclo unico, segnando un aumento rispetto al 2021.
Disparità di genere, ma anche geografica
Purtroppo, non tutte le notizie sono positive. Il rapporto evidenzia una preoccupante discrepanza di genere, con gli uomini che hanno una probabilità dell’11,7% superiore di essere occupati rispetto alle donne. Inoltre, risiedere al Nord d’Italia comporta una probabilità di occupazione del 32,1% maggiore rispetto al Mezzogiorno, mettendo in luce l’ampia discrepanza tra le diverse regioni italiane.
Lavoro dopo la laurea: retribuzioni ancora basse dopo il 1° anno?
Nonostante il miglioramento dell’occupazione, il rapporto rileva un calo delle retribuzioni reali dovuto all’aumento dell’inflazione. Un anno dopo la laurea, i laureati di primo livello guadagnano in media 1.332 euro, mentre quelli di secondo livello ricevono 1.366 euro. In termini reali, queste cifre rappresentano una diminuzione rispetto all’anno precedente, evidenziando inoltre come poco abbia valore, a livello di retribuzione, il tipo di laurea conseguita.
Focus sulla mobilità lavorativa e gli studi all’estero
Il rapporto evidenzia anche una persistente tendenza alla mobilità da Sud a Nord per motivi di studio e lavoro. Infatti, chi lavora nelle Regioni del Nord guadagna in media 101 euro netti al mese in più, e chi lavora al Centro ne guadagna 53 in più rispetto a chi lavora nel Mezzogiorno.
L’effetto della pandemia ha ridotto l’esperienza di studio all’estero, una pratica che comunque aumenta del 12,3% la probabilità di essere occupati. Non solo: anche la retribuzione è nettamente superiore. Basti pensare che chi lavora all’estero guadagna circa 600 euro netti al mese in più di chi lavora al Sud.
Lavoro dopo la laurea: cosa pensano gli studenti
I laureati italiani mostrano una valutazione complessivamente positiva dell’università. Il 90,5% si dichiara soddisfatto del corso di laurea scelto e il 72,6% conferma la scelta sia del corso che dell’università. Tuttavia, i dati rivelano che l’Italia rimane penultima nell’UE per il numero di giovani laureati, con un tasso di laureati del 26,9% tra i 30 e i 34 anni, ben al di sotto della media europea del 40,7%.
In termini di aspettative future, un significativo 43,6% dei laureati ritiene che le proprie competenze acquisite durante il percorso universitario non siano sufficientemente utilizzate nel proprio lavoro attuale, suggerendo un problema di disconnessione tra formazione e mercato del lavoro.
Inoltre, la preoccupazione per la sicurezza economica è palpabile: solo il 23,8% dei laureati triennali e il 32,2% dei laureati magistrali ritiene che il proprio lavoro offra una sicurezza economica a lungo termine, sottolineando l’importanza di un miglioramento delle condizioni lavorative e delle retribuzioni, ma giustificando ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, la costante fuga all’estero delle giovani risorse professionali.