Tra Washington, che detiene da molti decenni il primato di economia più solida a livello globale, e Pechino che, forte di anni caratterizzati da una crescita record dell’economia, ambisce al primato degli USA; emerge l’Altasia, l’entità economica che ha la possibilità di diventare in nuovo baricentro economico globale.

Per molti decenni, dall’immediato post-seconda guerra mondiale in poi, la supremazia economica degli USA ha permesso di stabilire un chiaro equilibrio unipolare a livello internazionale. L’economia a stelle e strisce, forte degli ampi margini di guadagno indotti dall’export delle materie prime energetiche che derivano dal petrolio e con un’economia interna molto florida; ha scandito, con un ritmo chiaro e deciso, gli andamenti economici internazionali.

La Cina, più a Est, con un’ampia disponibilità di materie prime necessarie a sostenere svariate tipologie di processi produttivi aziendali, e forte di un’ampia disponibilità di manodopera interna con costi relativamente contenuti, rispetto ai suoi diretti competitor internazionali; ha fornito dei dati, relativi alla sua crescita economica, attraverso la quale si potesse intuire chiaramente che l’obiettivo principale del dragone era di poter competere, a livello internazionale, con gli USA per contendersi il trono di prima economia globale.

Negli ultimi anni l’economia globale ha subito gli effetti negativi indotti in primo luogo dalla pandemia, con conseguenti forti rialzi dei tassi d’inflazione che hanno provocato instabilità finanziaria generalizzata; mostrando, in molteplici casi, i limiti di un sistema finanziario internazionale esposto a uno stress-test durato troppi mesi. In secondo luogo, le instabilità geo-politiche, scaturite come conseguenza del conflitto militare ai confini dell’Europa, hanno provocato ulteriori forti condizioni d’instabilità, in particolar modo nel comparto energetico; tali da provocare, a livello internazionale, un forte rallentamento dell’economia.

Per il 2023, sia per gli USA e sia per l’Europa, le previsioni di crescita del PIL forniscono dati che indicano rispettivamente una crescita pari all’1% per Washington e con cifre inferiori per Bruxelles; con un analogo andamento previsto anche per il 2024. Anche per Pechino, con il notevole crollo delle esportazioni stimato pari a -7.5%, la crescita del PIL è stimata pari al +5.4% per il 2023 e pari al +5.1% per il 2024; anche per il dragone, si prospetta un periodo caratterizzato da una crescita economica relativamente più debole.

A destare stupore, sia per il ritmo di crescita economica stimata superiore al 3% che di attrazione verso nuovi investitori, è l’Altasia; l’entità finanziaria, che si estende da Hokkaido nel nord del Giappone fino all’India nord-occidentale; che ambisce, almeno secondo i dati, ad assumere un ruolo di notevole importanza sullo scacchiere internazionale della finanza.

Europa e USA perdono il ranking globale:

Per i paesi dell’Atlantico gli effetti della crisi finanziaria, indotta prima dalla pandemia da Covid-19 e poi dall’instabilità geo-politica del conflitto militare al confine con l’Europa, hanno provocato rallentamenti sulla crescita del PIL.

Per molti anni, l’Europa non ha sviluppato una politica energetica in grado di renderla indipendente dalle forniture di gas metano provenienti dalla Russia. In breve tempo, con il concretizzarsi della crisi energetica indotta dalle tensioni geo-politiche causate dall’escalation militare in Ucraina, per il vecchio continente si apriva una fase di forte instabilità economica; provocata dai prezzi delle materie prime energetiche in rapido aumento, che comportava una crescita del PIL degli stati membri relativamente debole.

Per Washington, il mix eterogeneo causato tra l’economia della Cina reduce da decenni di forte espansione, gli effetti economici prodotti dalla pandemia e la crisi geo-politica internazionale dovuta al conflitto bellico in Ucraina; ha prodotto un effetto di destabilizzazione dell’uni-polarismo che, dal post-seconda guerra mondiale, ha rappresentato il baricentro globale.

Pechino, il dragone rallenta la crescita:

Anche per il dragone, che contribuisce per il 35% alla crescita globale, la rigida politica “Zero Covid”, adottata per il contenimento della pandemia da Covid-19, gli alti tassi d’interesse imposti a livello globale, per tentare di arginare il crescente andamento dei tassi d’inflazione, uniti all’instabilità geo-politica internazionale; si traducono in un brusco rallentamento dei volumi di esportazioni, che segnano un -7.5% per i primi cinque mesi del 2023.

L’economia di Pechino, che per molti anni ha segnato record su record in termini di crescita, inizia ad accusare i primi segni di “fatica” per le molteplici conseguenze internazionali che hanno segnato gli ultimi anni.

Storicamente Pechino ha sempre avuto una linea politica più vicina a Mosca rispetto che a sostegno degli alleati occidentali uniti nell’alleanza Atlantica. Con l’escalation militare avvenuta nel 2022 in Ucraina, e con l’ambigua presa di posizione di Pechino che, seppur molte volte si sia diplomaticamente offerta come mediatrice di pace tra Kiev e Mosca, non ha mai condannato apertamente l’invasione russa. A livello internazionale, il crescente timore che il conflitto potesse sfociare in successivi allargamenti degli attori direttamente coinvolti e la possibilità di un degrado dei rapporti diplomatici tra Washington e Pechino; hanno spinto molte aziende straniere a de-localizzare i loro siti produttivi al di fuori della Cina.

Altasia, il nuovo possibile baricentro dell’economia globale:

Con l’economia del dragone che, dopo anni di crescita record, rallenta la sua corsa; per l’India, con un’economia equivalente al 20% di quella della Cina, e i paesi limitrofi alla Cina si prospetta una stagione di forte crescita.

Emerge così l’Altasia, come un’entità unita non geograficamente ma economicamente; che si estende da Hokkaido nel nord del Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine, Indonesia, Singapore, Malaysia, Thailandia, Vietnam, Cambogia, Bangladesh, Gujarat nell’India nord-occidentale.

L’Altasia, con una popolazione in età lavorativa pari a 1,4 miliardi rispetto ai 980 milioni del dragone, e con 154 milioni di persone in possesso di un grado d’istruzione superiore, rispetto ai 145 milioni presenti in Cina; rappresenta una meta alternativa alla Cina per le imprese straniere.

Nei dodici mesi che vanno da settembre del 2021 a settembre del 2022, l’Altasia ha generato 630 miliardi di dollari di export verso gli USA. Dall’elevata qualità della manifattura giapponese, passando per i bassi costi della manodopera in India; l’Altasia ha le caratteristiche idonee per essere il futuro baricentro economico globale.

Gianni Truini