È attesa nel giro di qualche ora la decisione finale del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trieste, Luigi Dainotti, in merito all’archiviazione del fascicolo d’inchiesta voluta dalla Procura sul caso di Liliana Resinovich, la 63enne trovata morta a inizio 2022 dopo essere scomparsa per circa un mese. Lo scorso 5 giugno, a porte chiuse, erano stati ascoltati i suoi familiari: il marito Sebastiano, il fratello Sergio e la nipote Veronica, coloro, cioè, che hanno presentato delle opposizioni per fare in modo che si continui ad indagare, rifiutando l’ipotesi che la donna possa essersi uccisa autonomamente.
Caso Liliana Resinovich, attesa per la decisione del gip
Sono in tanti a pensare che la pista del suicidio, avanzata con convinzione dalla Procura di Trieste, non stia in piedi, nonostante, sul corpo di Liliana, non siano stati trovati segni evidenti di colluttazione. Ci sono molti punti, infatti, sul suo ritrovamento, che non tornano. La donna, in pensione, era scomparsa il 14 dicembre del 2021, dopo essere uscita di casa ed essere stata ripresa mentre si aggirava nel centro città da alcune telecamere di sorveglianza.
A un mese dalla sua sparizione, era stata trovata senza vita, con la testa avvolta in un sacchetti per l’immondizia, nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni. Stando all’esito dell’autopsia – che non è riuscita a stabilire con certezza la data del decesso (un dettaglio molto contestato dai familiari) -, sarebbe morta per soffocamento. Secondo la Procura, si sarebbe tolta la vita da sola, pochi giorni prima del rinvenimento del suo corpo, dopo aver vagato nella zona per un mese. Per chi la conosceva si tratta di un’ipotesi improbabile.
A metterlo in evidenza sono i testi delle tre opposizioni presentate dal marito, dal fratello e dalla nipote di Liliana che, nel corso dell’udienza tenutasi lo scorso 5 giugno davanti al gip, hanno chiesto che – a differenza di quanto voluto dalla Procura – si possa tornare ad indagare per fare luce su quanto sia accaduto davvero alla donna. A ribadirlo è stato anche l’amico Claudio Sterpin, suo presunto amante, che, ascoltato in tribunale, ha dichiarato:
Se Liliana fosse stata viva dopo il giorno della sua scomparsa – il 14 dicembre 2021 – avrebbe fatto di tutto per avvertirmi o per avvertire Sergio, il fratello.
La loro ipotesi, insomma, è che Liliana sia stata sequestrata da qualcuno fino al giorno della sua morte, oppure che sia morta subito dopo essere scomparsa. Altrimenti, sostengono, avrebbe fatto avere sue notizie.
Cresce la tensione tra il marito Sebastiano e l’amico Claudio
Fin dall’inizio Claudio Sterpin, ex maratoneta triestino, sostiene che avesse una relazione extraconiugale con Liliana e che la donna stesse addirittura pensando di lasciare il marito, Sebastiano, per costruirsi una nuova vita con lui. Di recente, ai microfoni dei cronisti di Ore 14, su Rai2, ha dichiarato che erano soliti incontrarsi, di nascosto, in una cantina e in una soffitta di alcuni amici comuni, di cui Liliana aveva le chiavi.
In quei luoghi si sarebbe recato per cercarla anche nei giorni successivi alla sua scomparsa, ma senza successo. Sul caso di Liliana Resinovich ha espresso nel tempo varie ipotesi, tra cui quella che possa essere stata uccisa da un sicario. Ma mandato da chi? Più volte, anche apertamente, ha puntato il dito contro il marito, che a sua volta si è scagliato contro di lui, definendolo un “mitomane”.
Ecco perché, di recente, Sterpin lo avrebbe anche querelato. A non vederlo di buon occhio – nonostante abbia un alibi di ferro (era al lavoro, mentre Liliana si allontanava da casa) – è anche il fratello della donna, Sergio. Nonostante le tensioni, tutti sono intenzionati, comunque, a portare alla luce la verità. E sono convinti che dietro la morte della donna si nasconda un gesto violento.