La stagione di Marc Marquez in MotoGP è sempre più incostante con l’ennesima caduta arrivata proprio nell’ultimo GP al Mugello, enfatizzando le voci sulla sua guida vigorosa. È proprio questo il tema principale della recente intervista del pilota spagnolo che ha voluto porre l’accento sulla mentalità che da sempre ha contraddistinto il suo stile.

Nonostante l’ultimo caduta al Mugello, Marquez non ha rinnegato i propri valori, difendendo il proprio approccio di guida nonostante le continue polemiche riguardanti la sua aggressività. Ecco un suo commento:

Il mio stile di guida aggressivo è uno dei miei punti di forza e talvolta il mio punto debole. È la mia mentalità assassina. Attacco sempre, non difendo mai. Il più delle volte mi dà benefici, ma a volte può essere negativa. Per esempio, quando provo a rientrare troppo presto da un infortunio, ho bisogno che i bravi professionisti intorno a me mi fermino. Ma io dico loro: ‘Quando sono ferito sono come un animale in gabbia’.

MotoGP, Marquez tra guida e infortuni: “Non posso preoccuparmi delle cadute”

Nella seconda parte del suo intervento, c‘è poi un passaggio sul rapporto con gli infortuni e le “premesse” con i suoi dottori. Stando alle parole dello spagnolo, è più importante concentrarsi sull’andare veloce senza snaturarsi, lasciando poi che la spontaneità prenda il sopravvento.

Ecco le sue parole:

Dico anche al dottore: ‘Quando apri questa prigione io sono un animale che vuole uscire e scapperò. Quindi non aprire questa prigione prima di pensare che io sia pronto per partire’. Forse a volte corro troppi rischi, ma non posso andare in moto preoccupandomi delle cadute. È l’unico modo che conosco per andare veloce in moto.

Infine, un ulteriore commento sul suo recente infortunio a sottolineare la sofferenza racchiusa negli ultimi interventi subiti:

Non ho mai contato i punti dell’ultimo intervento, ma ce ne sono molti, forse 40. All’interno del braccio ho due piastre metalliche con circa 35 viti. Quindi se fai una radiografia del mio braccio è un po’ strano. Ma ora l’arto sta bene