Ricordiamo Francesco Nuti, morto a 68 anni, con i film che ci ha lasciato nella sua carriera fuori dall’ordinario, finita prematuramente a seguito della malattia.

Francesco Nuti, i film di uno spirito libero incapace di adattarsi al cinema italiano

La morte di Francesco Nuti, giunta a 68 anni per le complicazioni di una malattia di cui soffriva da tempo, segna la fine di un calvario.

Un calvario umano, in primo luogo, iniziato con la caduta dalle scale del suo appartamento di Roma nel 2006, che lo rese invalido.
Ma anche un calvario professionale, di un talento purissimo travolto dalla sua stessa esuberanza fuori da ogni schema, incompatibile con le rigidità di un cinema italiano mai troppo conciliante verso simili eccessi.

E di questi eccessi era fatto il suo cinema, capace di sferzare con grottesca e feroce ironia l’Italia degli anni ’80 e ’90, quella di un malessere sociale dilagante, coperto dai fumi inebrianti dell’edonismo e del boom economico.

L’esordio con i Giancattivi e il successo di Io, Chiara e lo Scuro

È di questa contraddizione che si alimentano alcuni dei film più riusciti della carriera dell’attore e regista toscano.

A partire da Ad Ovest di Paperino (1981) che vede Nuti, al fianco di Alessandro Benvenuti e Athina Cenci con i quali formava il trio comico dei ‘Giancattivi’, esordire sul grande schermo come già altri talenti della commedia televisiva prima di lui, da Massimo Troisi a Carlo Verdone, che lo ha ricordato sul suo profilo Facebook, come molti altri amici e colleghi.

Dopo questo spaccato agrodolce di tre amici che si barcamenano nella Firenze di inizio decennio, arriva la consacrazione da solista per Nuti, grazie alla regia di Maurizio Ponzi che mette il suo genio sregolato a disposizione delle storie raccontate sullo schermo.

Ecco dunque, nell’ordine:

  • Madonna che silenzio c’è stasera (1982)
  • Io, Chiara e lo Scuro (1982)
  • Son contento (1983)

Tre film che restano indimenticati, ma è il secondo a sancire definitivamente la nascita di un autore dalla voce unica, consegnando a Nuti il David di Donatello e il Nastro d’Argento per il miglior attore, e il Globo d’oro per il miglior attore rivelazione.

Una scena di Io, Chiara e lo Scuro (1982).

Francesco Nuti e i film da regista

Tuttavia, l’energia vulcanica di Nuti ha bisogno di esprimersi completamente, senza freni o controllori. Da qui il passaggio dietro la macchina da presa.

Già il suo esordio, Casablanca Casablanca del 1985, conferma tutta la sfrontatezza di un autore che non ha paura né di mettere in gioco i suoi successi, né di confrontarsi con capisaldi della cinematografia mondiale. Come il titolo lascia facilmente intuire, infatti, il film è un omaggio dichiarato al capolavoro di Michael Curtiz con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman.
Non solo. I protagonisti sono gli stessi di Io, Chiara e lo Scuro, in una sorta di sequel che esaspera i toni malinconici e melò già presenti nel primo film.

Sono i due film successivi, tuttavia, a far emergere la poetica di Nuti in tutta la sua forza. Un romanticismo mai di maniera, inquieto, spesso destinato a non essere appagato, è quello che caratterizza Tutta colpa del Paradiso del 1985, e Stregati, dell’anno successivo. Nel primo c’è anche spazio per un tema sociale come la condizione delle carceri e, in entrambi, l’amore vero tra Nuti e la sua protagonista – Ornella Muti, raramente così brava e in parte – influenza il racconto di due storie d’amore attraversate da una smisurata voglia di libertà, costretta a volte a fare i conti con i limiti imposti dal mondo esterno.

Una scena di Tutta colpa del Paradiso (1985).

Nuti torna a toni più comici, vagamente ispirati a Charlie Chaplin, con il successo enorme di Caruso Pascoski (di padre polacco) del 1988, e in Willy Signori e vengo da lontano, del 1989. In quest’ultimo, però, c’è di più. È la storia di un uomo che ha tutto per sentirsi realizzato, la cui vita viene sconvolta da un incidente stradale in cui rimane uccisa una persona, che lo porta a occuparsi della fidanzata incinta della vittima.
Colpa ed elaborazione del lutto, e la vita che va avanti nonostante tutto, sempre grazie all’amore.

OcchioPinocchio, la depressione e il declino

La crisi per Nuti inizia con Donne con le gonne del 1991, che gli attira critiche feroci.
Nulla di paragonabile, tuttavia, rispetto a quello che accadrà con il successivo OcchioPinocchio.

Qui, la sua ambizione debordante prova a cimentarsi con il Santo Graal di qualsiasi artista toscano: la favola di Pinocchio di Carlo Collodi.
A Nuti non basta, infatti, realizzare un adattamento fedele del libro. Vuole, invece, darne un’interpretazione personale e in chiave moderna, girata e ambientata negli Stati Uniti. Il classico ‘passo più lungo della gamba’ che sfugge completamente al controllo del regista, portando il budget a oltre 20 miliardi di vecchie lire, e rivelandosi un disastro per pubblico e critica.

Il trailer di OcchioPinocchio (1994).

Da lì in poi, una crisi fatta di tre film dimenticabili e svogliati – Il signor Quindicipalle, dove torna il biliardo ma non è più la stessa cosa, Io amo Andrea e Caruso, zero in condotta – la lotta combattuta invano contro un cinema italiano che di lui non sa più che farsene, e la depressione accompagnata dall’alcolismo.
Poi il tragico incidente, la malattia e la solitudine, dalla quale lo strappa l’affetto della figlia Ginevra, sempre al suo fianco. Fino a oggi, 12 giugno 2023, il giorno in cui suo padre se n’è andato.