In Italia, nel 1961, nascono le tribune politiche per decisione dell’allora governo guidato da Amintore Fanfani. Andavano in onda sulla tv di stato, la Rai, ed erano principalmente delle messe in onda di parlamentari che intervenivano per dire la loro su alcuni temi cogenti in un format molto simile a quello di una conferenza stampa. Ma il primo e vero dibattito televisivo per come siamo soliti intenderlo oggi in Italia c’è stato nel 1994. E vedeva schierato, su uno dei due angoli del ring, proprio Silvio Berlusconi. Oggi scomparso in seno ad un lungo calvario con la malattia che lo ha colpito. Dall’altra parte Achille Occhetto, Segretario del Partito Democratico della Sinistra (PDS). Ambedue, seppure la legge elettorale italiana dell’epoca non lo prevedesse alla stessa stregua di quella attuale, candidati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri rispettivamente per il Polo delle Libertà e per la coalizione dei Progressisti.

Una partita giocata in casa

Pare che Silvio Berlusconi avesse qualche perplessità iniziale poi risolta. Ha accettato, infatti, di sfidare il competitor politico nell’ambito di un vero e proprio dibattito. La scelta, con il senno del poi, si rivelò non solo vincente ma anche naturale. Berlusconi, infatti, era il re indiscusso della televisione italiana e chi, meglio di lui, poteva trarre beneficio da un momento elettorale organizzato in favore di camera. Ha giocato in casa, B, anche alla luce del fatto che questo dibattito si è tenuto sulla Mediaset, a Canale 5, condotto da Enrico Mentana in uno speciale del TG5. “Braccio di ferro” il nome dello speciale che fu visto da circa 9 milioni e mezzo di italiani ed italiane.

Tutto troppo facile per B

Oggi è chiaro, all’epoca lo era di meno proprio perché si è trattato di un debutto assoluto del connubio tra mezzo mediatico – la televisione – e gli strumenti di marketing elettorale. Ma per Silvio Berlusconi fu tutto estremamente facile in termini comunicativi. A partire dall’estetica: è passata alla storia la terribile giacca marrone di Achille Occhetto che mal si prestava alla resa in video. Un errore normale da chi, semplicemente, e come era normale, non era abituato a stare dinanzi ad una telecamera. Berlusconi lo era ed è apparso brillante, sicuro di sé, ad agio. Perfetto nell’alternare parole, pause e ritmi. Naturale nel gestire i momenti in cui guardare in camera da quelli in cui, per lanciare il guanto di sfida, fissare il suo avversario. Un’alternanza anche di stile: serio, poi rilassato, poi invettivo, poi guardingo e perfino giocoso come, ad esempio, in occasione dell’ultimissima frase del dibattito che Berlusconi ha fatto sua con maestria. “Dove sarai a casa la sera dello spoglio?” ha chiesto Mentana ed entrambi, prima Berlusconi e poi Occhetto, hanno risposto “A casa”. A quel punto, colui che sarebbe diventanto Premier ha aggiunto: “Spero non a casa mia”. Nessuna parola da parte di Occhetto se non un sorriso sovrastato dalla risata di Mentana.

Il risultato

Un sondaggio SWG – riporta YouTrend – rilevò i giudizi degli italiani sul confronto: il 41% indicò come vincitore Silvio Berlusconi, mentre solo il 23,7% scelse Occhetto. Il braccio di ferro, insomma, fu vinto da Berlusconi.

Un frame messo in scena

Fu l’occasione per mettere in scena la situazione di un’Italia politica, e non solo, in cambiamento. Il dibattito rese lampante agli occhi del paese il frame che Berlusconi ha cercato di mettere in piedi con la sua discesa in campo: il vecchio contro il nuovo. Da una parte un politico di professione, categoria mal vista in Italia grazie all’effetto di tangentopoli, dall’altra un imprenditore di successo che mette tutto in pausa per dedicarsi alla cosa pubblica. Un personaggio non politico che fa politica disprezzando i politici. È l’antipolitica messa in scena.