È una storia terribile, quella che riguarda l’omicidio di Elena Del Pozzo, per cui oggi si è aperto a Catania il processo a carico della mamma, Martina Patti. L’accusa nei suoi confronti è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento di cadavere e simulazione di reato: nel giugno del 2022, quando la bimba aveva appena cinque anni, la uccise con un coltello e ne seppellì il corpo in un campo, apparentemente senza motivo, simulandone un rapimento. Tra le ipotesi degli inquirenti c’era quella secondo la quale la donna avesse agito perché gelosa delle attenzioni riservate dalla piccola alla nuova fidanzata del padre, suo ex compagno, che più volte, dopo i fatti, l’ha definita “un mostro”.
Omicidio Elena Del Pozzo, partito il processo a Martina Patti
Oggi, nel corso della prima udienza del processo apertosi a carico della donna a Catania, i nonni paterni e il padre della piccola Elena Del Pozzo si sono costituiti parte civile con l’avvocata Barbara Ronsivalle. Il procedimento, che si terrà davanti al giudice della Corte d’Assise Sebastiano Mignemi, si aggiornerà ora il prossimo 23 giugno, con l’audizione dei carabinieri che hanno svolto le indagini sull’omicidio della bimba. La mamma, rea confessa, non ha mai spiegato il perché della sua uccisione.
L’accusa le ha contestato i reati di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato. Nel giugno del 2022, uccise la piccola con un coltello da cucina nel luogo di ritrovamento del cadavere, un terreno abbandonato vicino alla sua abitazione, a Mascalucia, seppellendola e simulandone il sequestro da parte di sconosciuti. Potrebbe aver agito, anche se non l’ha mai confermato, né smentito, per gelosia, vista la fine della relazione con il padre della bambina, che aveva iniziato a frequentare un’altra, facendole conoscere la bambina.
La ricostruzione del delitto
Tutto inizia il 13 giugno dello scorso anno. È pomeriggio quando, presso la caserma dei carabinieri di Mascalucia, nel Catanese, Martina Patti denuncia la sparizione della figlia Elena Del Pozzo, raccontando agli inquirenti che sarebbe stata prelevata con la forza dalla sua autovettura mentre si trovavano a Piano di Tremestieri, vicino all’asilo frequentato dalla cinquenne. Secondo lei il sequestro sarebbe da rinviare ai comportamenti criminosi dell’ex compagno, Alessandro, con precedenti per spaccio.
Una versione dei fatti che non sta in piedi. Il giorno dopo, stressata dalla situazione, la donna confessa l’omicidio della figlia, accompagnando i carabinieri sul luogo dove ne ha seppellito il corpo, dopo averlo avvolto in dei sacchi neri per l’immondizia. Davanti agli inquirenti ammette più volte le proprie responsabilità, ma senza spiegare il movente per cui avrebbe agito. In tanti pensano che fosse gelosa delle attenzioni date dalla piccola alla nuova fidanzata del padre, suo ex compagno.
Ho sempre promesso a mia figlia che l’avrei tenuta al sicuro come ogni buon padre farebbe, avrei dato la vita al posto suo […]. Non potevo mai, e dico mai, pensare che l’avrei dovuta proteggere proprio da sua madre,
aveva detto il 24enne, straziato dall’accaduto, in una lettera resa pubblica dopo i drammatici fatti. E aveva sostenuto che l’ex non avesse agito perché “colta da un raptus”, ma avesse bensì premeditato nel dettaglio il delitto, considerando anche che aveva fatto di tutto per “costruirsi un alibi” e cercare di depistare le indagini. È quello che ora sostiene anche l’accusa. La speranza è che, nel corso del dibattimento, si possa rispondere agli interrogativi rimasti aperti sul caso. Uno fra tutti, il movente, visto che per ora quella della gelosia è solo una supposizione. L’imputata sarà assistita dagli avvocati Gabriele Celesti, al suo fianco fin dall’inizio della vicenda, e Tommaso Tamburino, nominato da pochi giorni.