Un discorso durante la direzione del PdL che segnò la fine di un rapporto storico iniziato negli anni ’90, l’allora presidente della Camera dei deputati rispose così al Cavaliere: “Che fai mi cacci?”. Molti riconducono la fine dell’epoca berlusconiana a quell’episodio avvenuto 13 anni fa.
La fine di un rapporto lungo
22 aprile 2010, forse è stato questo l’inizio dell’ultimo capitolo di Berlusconi in qualità di presidente del Consiglio. Si parla di un’altra era politica per il nostro Paese, al governo c’era Berlusconi ed esisteva ancora il Popolo delle Libertà. Nell’ultimo periodo i rapporti fra il Cavaliere e il presidente della Camera Gianfranco Fini erano abbastanza tesi, nella direzione nazionale del PdL Berlusconi rivolse un breve discorso all’indirizzo di Fini portando ad una rottura.
Cosa successe quel giorno?
Durante la direzione nazionale del partito l’ex premier prese parola contestando il presidente della Camera in diretta tv. Le differenze tra Fini e Berlusconi erano diventate sempre più pesanti dalla creazione del PdL, per garantire l’unità del soggetto politico si è sempre evitato di renderle pubbliche. In quell’occasione Fini ha rinfacciato a Berlusconi il fatto che andasse contro la magistratura. Da lì partì l’attacco di Silvio Berlusconi dal palco:
“Vuoi fare politica? Dimettiti da presidente della Camera e ti accogliamo a braccia aperte nel partito”
La provocazione non passò inosservata, Fini era in prima fila e puntando il dito contro Berlusconi pronunciò una frase destinata a rimanere nella recente storia politica italiana: “Che fai? Mi cacci?“. Nel giro di un anno nasce un altro soggetto di centrodestra: “Futuro e Libertà“, che però non durerà molto. Qualche anno dopo Fini ha raccontato che il motivo dei disguidi con Berlusconi era legato all’approvazione di un emendamento per accorciare i tempi di prescrizione dei reati. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha raccontato, a dieci anni dal litigio in diretta tv, che Berlusconi non sopportava il ruolo da protagonista di Fini mentre l’allora presidente della Camera non sopportava i modi da padroni di casa dell’ex premier.