Cosa fa oggi Rudy Guede? Dopo aver scontato 13 anni di carcere per essere stato riconosciuto l’unico colpevole dell’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa inglese trovata morta a Perugia nel novembre del 2007, l’uomo, di origini ivoriane, si è costruito una nuova vita a Viterbo, dove vive e lavora. Continua a dichiararsi innocente, sostenendo di essere stato ingiustamente accusato del delitto solo per aver provato a soccorrere la giovane. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera ha dichiarato di essersi pentito di essere fuggito via, lasciandola sola quando forse era ancora viva.
Rudy Guede, cosa fa oggi l’unico accusato dell’omicidio di Meredith Kercher
Le indagini che portarono alla condanna di Rudy Guede furono lunghe e intricate. Iniziarono subito dopo l’omicidio, avvenuto la sera del 1 novembre del 2007. Nel mirino degli inquirenti, dopo la scoperta del cadavere della giovane inglese, che si trovava a Perugia nell’ambito del progetto Erasmus, finirono diverse persone, tra cui una delle coinquiline della vittima, Amanda Knox, e l’allora fidanzato, Raffaele Sollecito, poi assolti. Guede fu incastrato da alcune testimonianze e dalle tracce di Dna ritrovate sulla scena del delitto. Ma, fin dall’inizio, si è dichiarato innocente.
Fu condannato a 16 anni di reclusione per violenza sessuale e concorso in omicidio. Dopo aver ottenuto degli sconti di pena, dal 2021 è tornato in libertà e a Viterbo, insieme alla fidanzata, si è costruito una nuova vita. La mattina lavora alla biblioteca del centro studi criminologici, la sera fa il cameriere in un ristorante. Dice di voler uscire spesso perché stare in casa gli ricorda gli anni della prigione. Anni che avrebbe vissuto con difficoltà, provando anche a togliersi la vita.
Nei primi giorni di galera in Germania (dove fu fermato, prima dell’estradizione, ndr) mi hanno tenuto isolato per tre giorni in una cella da solo, quando mi hanno fatto uscire ho chiesto una lametta da barba e mi sono tagliato, caddi per terra, venni soccorso,
ha raccontato al Corriere della Sera. Poi, una volta trasferito in Italia, venne di nuovo a contatto con la morte.
Quando il mio compagno di cella Roberto si è tolto la vita. Stavo rientrando in cella, ho aperto lo spioncino e ho visto che i suoi piedi penzolavano, si era impiccato con il mio scaldacollo.
L’uomo, di origini ivoriane, ha sempre sostenuto di non essere coinvolto nel delitto.
Se le mie mani si sono macchiate di sangue – ha ribadito – è perché ho tentato di salvare Meredith. La paura ha preso il sopravvento e sono scappato come un vigliacco lasciando Mez forse ancora viva. Di questo non finirò mai di pentirmi. Non passa giorno che non le dedichi un pensiero. È un macigno nell’anima, sarà così finché vivrò. Ho scritto ai suoi familiari ma non mi hanno risposto. Vorrei dirgli di perdonarmi .
La ricostruzione dei giudici e la sua versione dei fatti
Secondo i giudici, Guede entrò nell’abitazione che Meredith condivideva con altre ragazze, in via Pergola, a scopo di furto, dopo aver compiuto dei sopralluoghi nei giorni precedenti, come confermato da alcuni testimoni, che ne avevano notato la presenza nelle immediate vicinanze. Dopo aver rovistato tra le stanze, si imbattè nella giovane e la aggredì sessualmente, prima di ucciderla.
Stando alla sua versione dei fatti, invece, si trovava a casa di Meredith perché era stata lei ad invitarlo, per fini sessuali. Lì, mentre lui si trovava in bagno, la ragazza fu aggredita da una persona che non riuscì a vedere. Più volte ha puntato il dito contro Knox e Sollecito, che a loro volta, nel corso di diverse interviste, lo hanno definito un “ladro” e un “assassino”.