“Per favore, lasciatelo in pace”: i figli di Berlinguer contro l’Unità. Si conclude così, con questa dura ma chiarissima richiesta, la lettera aperta scritta da Bianca, Maria, Marco e Laura e pubblicata oggi, domenica 11 giugno 2023, sul quotidiano La Repubblica. Una lettera aperta in cui emerge chiaramente lo “sconcerto” degli eredi Berlinguer. Vediamo allora cos’è successo e il perché di queste dichiarazioni.

Figli di Berlinguer contro l’Unità di Sansonetti: “Nostro padre non è un brand”

L’Unità oggi, storico e celebre giornale italiano, è diretta da Piero Sansonetti. Ed è proprio contro quest’ultimo che i figli di Enrico Berlinguer, politico italiano e una tra le figure più influenti e iconiche della cosiddetta Prima Repubblica, si scagliano. O meglio: gli chiedono di “lasciare in pace” il padre scomparso a Padova l’11 giugno del 1984.

Il motivo? È stata utilizzata una fotografia del loro genitore per promuovere l’uscita in edicola del giornale. L’immagine in questione risale al 24 marzo 1984, quando il politico sorrideva ed era circondato da tanti suoi compagni durante una manifestazione che si era tenuta a Roma contro i tagli alla scala mobile voluti da Craxi.

Una foto storica e molto significativa. Una foto che gli eredi di Enrico Berlinguer conoscono bene, ma che preferivano non venisse utilizzata (anche) ai fini della vendita del giornale l’Unità. Per questo motivo dunque oggi è apparsa una lettera aperta firmata da Bianca, Maria, Marco e Laura sul giornale La Repubblica. Si legge:

Da quella prima pagina sono passati, così come dalla morte di nostro padre, quasi quarant’anni e, nel frattempo, il mondo è totalmente cambiato. Da allora l’Unità ha avuto numerosi direttori fino a concludere definitivamente la sua storia ormai sei anni fa. Quello che torna oggi nelle edicole è un quotidiano interamente nuovo che dell’antico e glorioso giornale conserva solo il nome.

Ma della storia precedente, nulla rimane: e nemmeno uno di quei redattori che hanno tenuto in vita il giornale fino al 2017. E solo perché quando è stato messo all’asta un imprenditore più rapido di altri è riuscito ad acquisirne la proprietà.

Certo la memoria storica appartiene a tutti e per noi è motivo di gioia sapere che la vita e l’attività di nostro padre vengano sentite e vissute da quanti gli vogliono ancora bene, ciascuno secondo la propria soggettività, ma altra cosa è trasformare il suo ricordo in un brand pubblicitario. Per favore, lasciatelo in pace.

La fotografia di Enrico Berlinguer

Come anticipavamo prima, la foto che viene “contestata” dai figli di Berlinguer è quella scattata nel marzo del 1984 in cui il politico partecipava a un’importante manifestazione per protestare contro la decisione di tagliare la scala mobile presa dal governo che allora era presieduto da Bettino Craxi.

Il titolo a tutta pagina dell’Unità era “ECCOCI”. Nell’occhiello invece si leggeva: ‘Un flusso ininterrotto di lavoratori con treni, pullman e navi”. Un’immagine che, senza dubbio, aveva avuto un grande significato simbolico e che era rimasta nell’immaginario collettivo degli italiani.

Uno scatto potente e significativamente legato agli anni ’80 e che, per tali ragioni, secondo i figli di Enrico Berlinguer, non poteva e non doveva essere utilizzata per “pubblicizzare oggi un prodotto inevitabilmente tutto diverso”.

Chi era Enrico Berlinguer

Nato a Sassari il 25 maggio 1992, Enrico Berlinguer mostrò sin da giovane una grande passione politica. Attivo nell’antifascismo sardo, si iscrisse nel 1943 al Partito Comunista e nel dopoguerra si diede molto da fare per la ricostruzione della sua organizzazione giovanile. Stiamo parlando della FGCI, che egli guidò fino al 1956.

L’anno di svolta fu il 1962 quando diventò nella segreteria del PCI, nonché responsabile della sezione esteri. Dieci anni dopo, dopo aver mostrato passione e impegno, venne eletto segretario del partito. Il politico scomparse poi prematuramente 12 anni dopo. Perse la vita a seguito di un ictus che lo colpì durante un comizio. Morì a Padova l’11 giugno del 1984. Ancora oggi viene ricordato come uno tra i più influenti negli anni della Prima Repubblica italiana.